Chi di noi, donne, uomini, bambini, anziani e qualunque forma di vita si trovi a leggere qui, non ha mai giocato nella sua vita almeno una volta con le ‘carte da gioco’?

In particolar modo, per noi campani, le carte da gioco per eccellenza sono ‘Le carte napoletane’. Scopa, Briscola, Mariaccia, Tressette e chi più ne ha più ne metta.

Serate intere trascorse con gli amici tra una birra e una bestemmia, la tensione di partite punto a punto e quelle parole ricorrenti che circolano nella mente: Liscio, Carico, Punti, Briscola oppure Scopa, Settebello, Carte a lungo, Carte a denari.

Ma a quanto tempo fa risale la nascita delle carte da gioco? Sicuramente non tutti conoscono l’origine di questi oggetti tanto semplici quanto carichi di storia, con le carte napoletane che fungono da simbolo nell’immaginario collettivo del gioco di carte essendo le più diffuse e rappresentative del territorio Nazionale.

NASCITA e ARRIVO IN EUROPA – Il gioco delle carte è legato all’invenzione della carta avvenuta in Cina, probabilmente verso il X secolo. Nel corso dei secoli, dalla Cina e con la relativa diffusione della carta, arrivarono fino in Arabia e fu proprio tramite questo popolo che arrivarono alla gente del sud Europa.

Gli arabi, infatti, dopo aver conquistato l’oriente, dirigono le loro conquiste al Mar Mediterraneo ed in particolare in Spagna e in tutta la penisola iberica. Da qui, successivamente si spostarono in Sicilia, infatti le carte da gioco siciliane e quelle napoletane hanno una struttura quasi identica, figlia delle stesse influenze.

Il vero boom del gioco delle carte nella città di Napoli avviene sotto la dominazione, appunto, spagnola e sotto il regno dei Borboni ciò viene documentato dalla creazione di un’imposta di “un carlino per paro di carte”  nel 1577 su tutte le carte in mazzi, che si facevano o vendevano nella città. In seguito per le continue necessità di denaro in contante della corona, l’amministrazione , fu costretta a dare in appalto la gestione della vendita e delle riscossioni delle imposte delle carte dietro il versamento anticipato del corrispondente importo del fitto.

Si pensi che nel 1748, il fitto annuo era di 8640 ducati per la vendita di 100.000 mazzi di carte annuali, di cui 58.000 destinati al Regno e 42.000 per la sola città di Napoli. I numeri forniti danno l’idea  della diffusione a macchia d’olio del gioco delle carte nell’attuale capoluogo campano.

Ovviamente, per contrastare questo monopolio imposto dalla corona, vi erano falsari che stampavano e commercializzavano abusivamente i mazzi di carte che non riportavano il sigillo reale sul loro dorso. Per loro, nel caso fossero stati scoperti, vi erano ad aspettarli pene severissime.

Purtroppo, con il tempo le carte sono state associate al gioco d’azzardo, infatti alcuni giochi vennero proibiti per evitare risse e accoltellamenti.

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DENARI, COPPE, SPADE & BASTONI, IL SIMBOLISMO – Il mazzo di carte napoletane è composto da 40 carte. Le carte sono divise nei quattro semi “denari,coppe,bastoni e spade” (dieci carte per ogni seme o palo). I 4 semi, stando alle fonti più attendibili, riportano l’epopea degli arabi in Spagna e in Sicilia, dove ogni palo ricorda una caratteristica di quel popolo.

Spade: su molte carte regionali vengono rappresentate come scimitarre, curve e dalla punta triangolare,

Coppe: insegnano il sottile piacere del lusso e dell’abbondanza,

Denari: mediante la costruzione di palazzi sontuosi con stanze decorate d’oro,

Bastoni: giardini profumati di arancio e limone, tralci di vite e di edera avviluppati su superbe colonne, un’immagine che evoca l’idea di “bastoni” fioriti, simbolo di forza, passionalità, durezza.
Successivamente compaiono le “figure” in onore ai Signorotti sontuosamente vestiti siano essi “cavalieri” pronti ad allietare le “dame” con poesie e madrigali o contadini decisi a trasformarsi in “fanti” quando diventa necessario difendere il padrone per il quale lavorano.

Da notare che il fante viene spesso chiamato erroneamente donna per via dei lineamenti delicati e dell’assenza di barba o baffi, pur indossando un abbigliamento maschile (ma per noi sarà sempre donna). Il mascherone centrale del tre di bastoni è detto ‘gatto mammone’ per via dei suoi baffoni che ricordano i gatti. Spiccano anche il cinque di spade con scene di semina, i denari rappresentati in forma di stelle (gli arabi erano grandi studiosi del cielo e delle stelle), l’asso dello stesso seme rappresentato come un’aquila a due teste e il cavallo di spade, che rappresenta un personaggio di origine musulmana col turbante in testa e la scimitarra in mano.

Insomma un influenzamento vicendevole di più culture, dai Cinesi agli Arabi, dagli Arabi agli Spagnoli, ha portato le carte da gioco al classico mazzo che abbiamo oggi e che viene ancora chiamato ‘a semi spagnoli’.

La prossima volta che giocate a briscola, sappiate che dietro c’è stata una lotta al proibizionismo, anni e anni di contrabbando per permettere al popolo di giocare liberamente. In quella briscola vi giocate non solo l’onore, ma il sangue e il sudore dei pionieri e “l’Ass’ copp”.

Uomini arrestati, torturati e probabilmente uccisi, nel momento in cui stavano per esclamare: “Carico o briscola? No, vai liscio”.

Nel caso non siate pratici di briscola o scopa, ecco questo breve ‘tutorial’, ma non fate i Leonardo di turno.

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