Nella città di Eboli vi è una strada denominata via “Madonna della Catena” e che apparentemente sembra si concluda con l’impossibilità di proseguire.
Ebbene, Raffaele Ciaglia, ebolitano e fondatore di “Le Nostre Bellezze Sconosciute” che per passione si lancia letteralmente nei luoghi più impervi e meno frequentati della città, ha deciso di andare oltre l’illusoria fine di questa strada, riscoprendo e riportando agli onori della cronaca i ruderi della millenaria Chiesa di Sant’Aniello.
Infatti, partendo dalla chiesa rurale della Madonna della Catena e seguendo una strada tra gli ulivi, si giunge dopo un percorso di circa mezzo chilometro, ad uno spiazzo dove si trovano i resti dell’antichissima chiesa di Sant’Aniello.
Il complesso imponente di ruderi, lascia chiaramente intendere che non ci si trova dinanzi ad una chiesa rurale ma addirittura difronte a quelli di una vera e propria basilica. Come si legge nell’archivio Diocesano di Salerno e nell’archivio di Stato di Salerno, la sua distruzione avvenne verosimilmente prima dell’anno 1000.
COSA RESTA – Di ciò che fu questa basilica sono l’entrata rivolta ad oriente e l’abside rivolto ad occidente. Sul lato destro della chiesa i ruderi di alcune stanze che dovevano servire da abitazione per i religiosi oppure da alloggio per i pellegrini che si recavano a visitare la chiesa ma non ci sono abbastanza documenti per definire con precisione l’anno di costruzione ma se la sua distruzione risale a mille anni fa, immaginate la sua edificazione.
LA STORIA, IL TESORO – Il tempio, la chiesa, la basilica o come preferiate chiamarla, fu distrutto dai Saraceni, durante una delle loro frequenti incursioni nel Salernitano. Difatti, la contrada intorno alla chiesa fu spesso saccheggiata dagli infedeli e nel secolo IX i Saraceni depredarono proprio la Badia di Santa Maria La Nova, non molto distante proprio dalla basilica di Sant’Aniello.
Antiche cronache, riportano che i religiosi all’avvicinarsi delle orde saracene abbandonarono la loro chiesa per mettersi in salvo e non potendo portare con sè il ricco tesoro del tempio, lo nascosero sotterrandolo. I Saraceni distrussero la chiesa ma non riuscirono mai a trovare il tesoro di cui conoscevano l’esistenza ma non l’ubicazione. I religiosi non tornarono mai più in quella basilica e per questo non fu mai ricostruita.
LE SPEDIZIONI – Non si sa in quanti hanno poi provato a ‘scovare’ il tesoro perduto ma testimonianze storiche riportano che vi furono varie spedizioni e vari tentativi di rintracciarlo non solo da parte di ebolitani ma anche di forestieri che spesso giungevano da paesi lontani con mappe ed attrezzi per la ricerca. Infatti, l’area occupata dalla chiesa e il terreno circostante mostrano evidenti segni di scavi e tentativi vari di affannose ricerche. L’ultimo tentativo documentato di rinvenire il tesoro risale al 1938, dove un gruppo di Napoletani arrivò ad Eboli nella speranza di rivenire il tesoro ma senza successo.
Che il tesoro sia ancora sepolto lì resta ancora un mistero, una leggenda e speriamo che questa storia si possa raccontare ancora per tanti anni a meno che, qualche fortunato, non riuscirà a ritrovare ciò che nessuno è riuscito a fare in oltre mille anni.
Filippo Folliero
fonti: Archivio di Stato Salerno, Archivio Diocesano Salerno.