Appuntamento Letterario consiglia: “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”, di Roy Lewis

Sulla scia di ciò che vi abbiamo raccontato negli scorsi mesi, continua la rubrica in cui i ragazzi di “Appuntamento Letterario” ci daranno ogni due settimane i loro consigli per una sana ed immersiva lettura.

Nessuno spoiler, nessuna recensione, ma una presentazione di un libro che a detta del gruppo tutti dovrebbero leggere, con recensioni ai loro lavori a cura di Roberta Gargiulo. Oggi i nostri occhi si posano sull’opera “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”, romanzo fantascientifico di Roy Lewis.

L’opera ha per protagonisti personaggi molto insoliti, ma anche le idee, quelle che nell’era primordiale – del Pleistocene – hanno avuto le prime forme di sperimentazione e che sono giunte, perfezionate, fino ai giorni nostri.

Non bisogna, però, pensare ad una narrazione storica dei tentativi evolutivi fredda e priva di coinvolgimento. L’autore, infatti, incuriosisce il lettore osservando la vita di un gruppo di ominidi che rivelano una quotidianità tanto sperimentale, quanto vicina a quella del genere umano contemporaneo. Inoltre, l’umorismo anacronistico e l’acume scientifico guidano alla lettura di un ricco sottotesto che comprende tematiche come il progresso tecnologico e quei processi mentali che hanno condotto alla nascita della collettività coscienziosa.

La vita dell’orda primordiale è rivoluzionata da Edward, capobranco e brillante inventore. Scopre il fuoco e i suoi utilizzi, va a caccia e utilizza strumenti sempre più raffinati. Suo fratello, lo zio Vania, rappresenta, invece, la resistenza al cambiamento, si ostina orgoglioso ad opporvisi. I figli sono i precursori delle arti e della tecnica e in particolare il giovane Ernest, il secondogenito, che è narratore in prima persona delle vicende di famiglia. Non nasconde i suoi dubbi riguardo agli slanci evoluzionistici del padre dall’attitudine troppo idealistica. Nondimeno egli stesso è uno speculatore metafisico, infatti, per primo ipotizza l’esistenza della vita dopo la morte.

Il romanzo induce a non poche riflessioni sui tentativi di civilizzazione e di controllo ambientale con paragoni espliciti e carichi di ironia rispetto alle attuali consapevolezze. Dove conduce il progresso? Quali sono i limiti necessari al controllo delle innovazioni tecnologiche? questi sono solo alcuni degli interrogativi che pone implicitamente l’autore. Infine, l’atto del parricidio, ben esemplifica la considerazione freudiana che regge il messaggio contenuto tra le righe del romanzo: perché una società prosperi, il singolo è costretto ad inibire le sue pulsioni più primordiali e istintuali e dunque o si vive insieme, o si vive appagati.

La scrittura risulta scorrevole ed efficace soprattutto nella misura in cui l’autore riesce a trasferire i concetti moderni nei dialoghi di uomini antichissimi per far empatizzare il lettore con l’opera. La chiave ironica resta la cifra stilistica di punta.

A cura di Roberta Gargiulo

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