Grazie all’ingegno dello scrittore greco antico Esopo, sono pervenute ai giorni nostri le prime favole morali. Tra queste spicca il celeberrimo racconto “La volpe e l’uva”:
“Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite desiderò afferrarli. Ma non ne fu in grado. Allontanandosi, però, disse fra sé: ‘Sono acerbi’”.
La morale, presente tra le righe, cela un significato profondo, un messaggio proverbiale che si rifà ai comportamenti e i difetti degli uomini che, come in questo caso, preferiscono svalutare ciò che non riescono a ottenere piuttosto che affrontare le difficoltà con determinazione. Ma, a differenza della volpe della favola esopica, le foxes ebolitane hanno dimostrato di aver compreso la lezione. Non si sono arrese, non hanno cercato scuse.
Nel corso degli anni hanno continuato a lottare, nonostante le avversità, con spirito di sacrificio, fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati. L’uva, dunque, per la Feldi Eboli è diventata un frutto dolce e meritato, conquistato con tenacia, umiltà e perseveranza. Ed è la storia ad averlo dimostrato.
L’INTERVISTA
Ventidue anni fa, Gaetano Di Domenico, insieme a un gruppo di amici, tracciava la linea per raggiungere traguardi che la Feldi Eboli quest’oggi ha raggiunto, spinto da una passione smisurata per il futsal e per la ‘sua creatura’. La recente conquista della Coppa Italia è soltanto la ciliegina su una torta farcita già da scudetto e Supercoppa. Luciano “Figu” Antonelli rappresenta il presente di questo percorso tracciato dal Presidente ebolitano, una pepita che le foxes – una famiglia acquisita per il nativo di San Lorenzo – custodiscono gelosamente.
Nel corso dell’intervista rilasciata ai microfoni di Sideline Prod., condotta da Elio Granito, i due protagonisti hanno raccontato, la loro storia nel mondo del calcio a 5 arricchita da notti europee, trofei e…un ‘sogno Felice’.
Di Domenico: “La finale di Coppa Italia è stata epica, sul sogno Champions…”
L’infinita gara contro la L84, poi Napoli e infine Genzano. Vesta per un istante i panni del regista: ci dia un titolo per ogni incontro di Coppa Italia
“Quarti di finale, Feldi Eboli-L84. Il titolo potrebbe essere: Follia, perché tirare 28 tiri di rigore è veramente ‘tanta roba’. Posso dire, non solo da tifoso ma soprattutto da capofamiglia della Feldi Eboli che ho sentito nostra la gara. La semifinale, Feldi Eboli-Napoli Futsal, rappresenta per noi El Clásico, come direbbero in Spagna. È una partita carica di adrenalina, in particolare questa volta, poiché affrontavamo i cugini campani con una posta in palio altissima: la finale di Coppa Italia. Dunque, arriviamo a Feldi Eboli-Genzano. Cosa possiamo dire? Epica, perché avevamo il cuore in gola, non volevamo fallire dopo la finale di anni fa contro il Pesaro. Abbiamo vissuto ogni incontro col desiderio di aggiungere in bacheca, dopo lo Scudetto e la Supercoppa, l’ultimo trofeo nazionale che mancava”.
C’è chi viene e chi va, inevitabilmente, come in ogni stagione. La Feldi Eboli ha mantenuto, però, lo zoccolo duro
“Sì, certamente. Abbiamo cinque giocatori che per noi rappresentano coloro che sono stati protagonisti in tutte e tre le competizioni: Caponigro, Calderolli, Venancio, Dalcin e Selucio. Per noi sono il simbolo di quello che la Feldi ha vinto. Tutti insieme, come recita il nostro hashtag, abbiamo vinto. Oltre allo zoccolo duro, alla Feldi Eboli ci dedichiamo alla costruzione della rosa con la massima attenzione. Scegliamo prima gli uomini, che oltre a giocare bene sul parquet sanno fare spogliatoio e indossare con orgoglio questa maglia in un ambiente molto esigente come quello ebolitano”.
Nonostante abbia lasciato il ruolo di Direttore Tecnico per questa stagione, quanto c’è di Marcello Serratore nella vittoria della Coppa Italia? Crede, e si augura, che possa esserci in futuro un ritorno a casa Feldi?
“Marcello Serratore ha rappresentato la scia tracciata dalla Feldi Eboli. In questa Coppa Italia c’è sicuramente del suo merito, perché la costruzione della rosa è iniziata l’anno scorso, già a partire da dicembre, mentre le volpi erano impegnate nella regular season e poi nei play-off. Anche se ora è esterno al progetto Feldi Eboli, lo consideriamo comunque uno di famiglia. In futuro, ci auguriamo che possa tornare ufficialmente. Il suo affetto, il suo carisma e la sua competenza sono ancora parte integrante della nostra identità. Marcello ha lasciato un’impronta forte: la Feldi è anche il frutto del lavoro e della passione di tutte le persone che ne hanno fatto e ne faranno parte”.
Eboli è la prima città del Sud Italia a conquistare i tre trofei nazionali. Le volpi di Antonelli puntano a consacrarsi per puntare, magari, a qualcosa di più grande?
“Restiamo coi piedi per terra. Ritengo che la Feldi Eboli – e mi prendo la licenza di parlare in generale del futsal italiano – non sia ancora in grado di riconquistare la Champions League. Però il cassetto dei sogni deve restare aperto. Al movimento calcettistico italiano non devono mancare la voglia, il coraggio di competere e di andare oltre i propri limiti. E queste qualità, tutt’oggi, a noi non mancano”.
Grandi meriti al Genzano sia dentro che fuori dal campo. “Per imparare a vincere, devi prima imparare a fallire” – è proprio vero -. In passato la Feldi ha vissuto questo genere di situazioni e oggi si ritrova a festeggiare numerosi trofei. L’Ecocity è sulla giusta strada?
“Probabilmente sì. Ma più di ogni altra cosa, vorrei sottolineare come a Jesi, durante la finale di Coppa Italia si siano ritrovate di fianco due tifoserie con un senso comune molto bello, molto importante per l’etica dello sport. Sostenere la propria squadra, molto spesso viene confuso col denigrare l’altra. Invece, sia i tifosi della Feldi Eboli che quelli del Genzano hanno tifato per i propri colori. Quindi è stato ancora più bello vincere così. Sapendo di averla meritata, e vivendo una situazione in cui tutti hanno accettato sportivamente il verdetto del campo”.
Che differenze vede tra il Gaetano dei primi tempi e il Gaetano di oggi?
“Ventidue anni fa, quel Gaetano – nelle vesti di portiere – insieme a un gruppo di amici, diede il via a questo progetto. Già allora, scherzando, dicevamo: ‘Punteremo allo Scudetto, giocheremo la Champions…’. Insomma, sembrava la classica battuta fatta alla fine degli allenamenti, davanti a una birra. In realtà stavamo già tracciando la linea per raggiungere questi obiettivi. La verità è che quel Gaetano ha in comune con quello di oggi, e probabilmente anche con quello di domani, la passione infinita per questo sport e soprattutto una passione viscerale per la Feldi Eboli. Perché per me è come una figlia che ho cresciuto. Probabilmente, quel Gaetano rispetto a quello di oggi ha sicuramente maggiori responsabilità. In comune porto sempre con me quella voglia di ambire al massimo per la Feldi Eboli, in nome della nostra città”.
Quest’anno vedo un gruppo diverso che forse le riporta alla mente un ‘ricordo Felice’
“Alludi certamente alla stagione dello Scudetto, e in realtà ti confesso che è azzeccata la tua definizione, perché c’è questa adrenalina, quest’energia positiva nell’aria, nel palazzetto”.
Quale può essere la strategia vincente per invogliare le persone ad accorrere nei palazzetti italiani?
“Ogni stagione, insieme ai miei colleghi presidenti di Serie A, studiamo nuove sinergie e nuovi progetti per portare gente nei palazzetti. Il calcio di oggi ci mostra una realtà finalizzata costantemente alla ricerca dello show, con partite disputate durante i periodi natalizi e pasquali. La nuova Kings League distorce, secondo me, quello che è il gioco del calcio, ammicca un po’ al futsal, ma in realtà non riesce a offrire né l’uno né l’altro, pur generando spettacolo. Con un supporto economico riesce a essere addirittura più mediatica. Da tifoso vero, puro, di questo sport, vorrei chiedere alle persone di assistere dal vivo a un match di futsal. Questo sport dà un’adrenalina come pochi altri. E grazie alla Feldi Eboli, vista a bordo campo con un biglietto a zero euro, puoi vivere un’emozione incredibile”.
Antonelli: “Vittoria di tutti. Vedo una squadra molto matura in vista dei Play-off”
Lei ha vissuto a stretto contatto con i giocatori le battaglie di Coppa Italia, che sensazioni ha avuto nei momenti di difficoltà e al triplice fischio di ogni match?
“Le difficoltà sono sempre dietro l’angolo quando si disputano certi match. I giocatori devono capire che in queste occasioni può succedere di tutto, soprattutto a livello emotivo. Solo grazie all’impegno di tutti i membri della squadra, a partire dal Presidente fino all’ultima persona pronta ad aiutare nei minuti finali, si può davvero puntare alla vittoria”.
Facciamo un passo indietro. Dal rossoblù di San Lorenzo a quello della Feldi Eboli. Non poteva essere diversamente…Quanto le ha dato quella società? Nasce lì il soprannome “Figu”?
“Il San Lorenzo mi ha dato tutto. In quegli anni ho conosciuto i miei amici che ancora oggi frequento. Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 8 anni e l’ho fatto fino alla Primavera. Mio padre, un grande tifoso del San Lorenzo veniva chiamato Figu. Quando sono entrato nel club, hanno cominciato a chiamare anche me Figu piccolo. Il motivo? Lui cantava il tango e quindi al termine degli allenamenti, si truccava per andare a esibirsi. Un giorno l’allenatore gli disse: ‘Sembri una figurina’. E così nacque il suo soprannome, quello che oggi porto con fierezza”.
Torniamo ai giorni d’oggi. I veterani le hanno dato una mano a inserirsi nel contesto ebolitano? Ha dovuto chiedere loro di mostrare la loro forte personalità per focalizzare l’attenzione dell’intero gruppo sugli obiettivi stagionali?
“Avere giocatori così importanti, con una carriera così lunga alle spalle, è di grande aiuto, soprattutto per osservare come affrontano determinate situazioni. Per me è stato molto importante. Infatti, sin dal mio arrivo – e ancora oggi – ho un dialogo costante con Dalcin, Calderoli, Venancio, Liberti, Caponigro e con tutti gli altri giocatori. Cerco di comprendere il più possibile e loro, anche durante gli allenamenti, sono ragazzi che cercano sempre di indirizzare i più giovani sulla strada giusta. Come ha detto il Presidente, abbiamo un gruppo in cui anche i più giovani sono disponibili e coinvolti, e tutti hanno avuto la possibilità di giocare in momenti importanti. Questo per noi è fondamentale: per me, come allenatore, avere la fiducia di tanti giocatori è ciò che ci consente di fare quel passo in più per essere competitivi”.
Ha trovato una Serie A diversa dal periodo dell’Antonelli calcettista. Se sì, in quale aspetto in particolare?
“In quegli anni la Serie A era molto più tecnica, oggi assistiamo a un gioco più fisico e tattico”.
In Argentina si dice: “Buscarle la quinta pata al gato”. Lett. “Cercare la quinta zampa al gatto”. Noi lo traduciamo con “trovare il pelo nell’uovo”. Se dovessimo trovare il pelo nell’uovo di questa Feldi, quale sarebbe?
“Beh, se ti dicessi tutti i difetti poi gli avversari se lo segnerebbero; quindi, li tengo per me (ride ndr). Allora, è difficile da dire perché non abbiamo trovato molti momenti di difficoltà fino ad ora”.
Al momento della firma il Presidente le ha spiegato un po’ cosa rappresenta per lui la Feldi Eboli. In che modo è riuscito a trasmetterle lo stile Feldi?
“Abbiamo fatto due videochiamate e abbiamo trovato l’accordo. Il Presidente mi ha trasmesso ciò che stavo cercando, perché lo stile era quello a cui ero abituato: lavorare in un posto che più che un lavoro è famiglia. Ho capito che la mentalità era quella giusta, che il posto era proprio come mi avevano descritto. Tutti mi dicevano che era la società più seria d’Italia, e sinceramente posso confermarlo. Ho capito che è un posto dove si può lavorare e affrontare ogni situazione. Sinceramente non mi aspettavo di arrivare e cominciare così. Continuiamo su questa strada, perché se c’è una cosa che mi piace è vincere”.
Vittoria della Coppa Italia, svariati successi al ritorno in campionato…la squadra ha mantenuto un ottimo livello di concentrazione. Lei teme che, nella post-season, questo eccesso di fiducia possa inficiare in qualche modo le prestazioni o anche un’eventuale vittoria dello scudetto?
“Sinceramente, no. Vedo una squadra molto matura, al di là della conquista della Coppa Italia. È una squadra che sa quel che vuole ed è sintonizzata a livello mentale con le idee. Durante gli allenamenti percepisco voglia di crescere, di migliorare. Sono molto soddisfatto di quello che stanno facendo i ragazzi. Loro hanno la giusta carica, si può vincere e si può perdere, l’importante è che al termine di ogni partita ogni giocatore possa guardarsi allo specchio e dirsi: ‘Abbiamo fatto quello che dovevamo fare’”.
In stagione, la Feldi ha perso solo contro Avellino, Manfredonia e Cosenza, squadre che, almeno sulla carta, presentano un tasso tecnico inferiore. Come si spiega queste difficoltà maggiori proprio contro formazioni teoricamente meno attrezzate?
“Questo succede da sempre, sin da quando ho iniziato a giocare e a seguire il calcio, sia a 11 che a 5. È una domanda che in molti si pongono. È chiaro che le emozioni che le altre squadre provano contro di noi siano forti, poiché la Feldi Eboli si è guadagnata una posizione tale da rendere ogni partita più motivante per chi la affronta. Purtroppo, contro Avellino, Cosenza e Manfredonia abbiamo creato molte occasioni, ma il verdetto del campo è stato comunque giusto, perché non abbiamo dato il nostro meglio. Ad esempio, contro il Cosenza è mancata la concretezza nel primo tempo. Ma questo è il futsal, e a volte non c’è una spiegazione precisa. Bisogna imparare a convivere con queste situazioni. L’importante è mantenere la stessa mentalità, affrontare ogni squadra con il massimo impegno, senza guardare chi si ha di fronte. È il bello di questo sport: non è mai scontato. Le squadre forti non vincono sempre, e questo ci dà la forza per andare avanti, lavorare e giocare ogni partita con lo stesso spirito”.
Essendo argentino, avrà sicuramente preso parte al dibattito tra chi sia il migliore tra Maradona e Messi. Nel futsal, chi si è avvicinato, in termini di talento e successi, a questo genere di leggende?
“Beh, a quel livello nessuno. Io tra i due scelgo Maradona, nonostante io ritenga Messi un giocatore totale. Però sono orgoglioso di aver vissuto entrambi. Nel futsal ci sono stati grandissimi giocatori argentini: ho apprezzato particolarmente Carlos Sanchez, ex giocatore del Genzano e vecchio capitano della nazionale argentina; una menzione speciale va fatta a Matias Lucuix, attuale tecnico dell’Albiceleste, che purtroppo a causa di un infortunio ha dovuto concludere prematuramente la sua carriera da calcettista. Lui era un giocatore impressionante”.
Era il 4 aprile del 2000 quando ci fu la tragica scomparsa del suo caro amico Mirko Šarić. Questo triste evento introduce il tema della salute mentale che troppo spesso viene sottovalutata nel mondo dello sport. La depressione che non guarda in faccia a nessuno. Lei si sente di dire qualcosa in merito e soprattutto ricordare il suo amico scomparso circa 25 anni fa?
“Mi hai sorpreso con questa domanda. Era un carissimo amico, e ho ancora oggi un bellissimo rapporto con suo fratello. Sinceramente, è sempre difficile dare una spiegazione, perché Mirko aveva tutto: giocava in prima squadra, aveva una famiglia fantastica. Quindi il mio appello va a tutto il mondo dello sport: bisogna comprendere che chi viene attaccato sul piano personale – dicendogli che è scarso, che non è all’altezza o altro – magari vive quello sport come la propria vita. Quando le cose non vanno bene, bisogna parlarne. Serve un dialogo costante, più umanità. Non tutti abbiamo la stessa personalità per affrontare le situazioni. A volte bisognerebbe leggere tra le righe e capire quando una persona ha bisogno dell’aiuto di professionisti, oltre che delle persone care”.
Intervista a cura di Elio Granito