In questa nuova rubrica composta da cinque articoli cercheremo di ripercorrere le caratteristiche e le differenze dei vari partiti italiani sotto vari punti di vista: l’evoluzione nella storia, i personaggi principali e il racconto degli attuali esponenti della provincia di Salerno.
Ad un secolo dalla fondazione del PCI, analizziamo ora gli eventi salienti che hanno segnato la storia del più importante partito comunista d’occidente. Dina Balsamo, segretaria provinciale del PCI, ci aiuterà in quest’impresa.
Il Partito Comunista Italiano (P.C.I.) avrebbe spento il 21 gennaio di quest’anno le candeline del suo primo centenario. Ebbene sì, per quanto qualcuno pensi ancora il contrario, il condizionale è d’obbligo perché quel partito è morto (i compagni più radicali preferiscono il termine assassinato) nel biennio 1989-91 con la svolta della Bolognina. Sebbene quella possa sembrare una porta chiusa, gli eccessi di un sistema fortemente improntato sulle dinamiche del libero mercato e del New Public Management della coppia Reagan-Thatcher potrebbero riabilitarlo, se non lo stanno già facendo.
Questo fenomeno riguarda per ora, a dire il vero, piuttosto le minacce provenienti da destra, con il protezionismo promosso dai movimenti e governi nazionalistici. Ecco perché bisogna interessarsi all’analisi dei nuovi e vecchi partiti e dei valori che incarnavano.
La sinistra extra-parlamentare è costellata da una miriade di partiti che si definiscono comunisti, ciò che li differenzia sono soprattutto i riferimenti storici ed ideologici. Il comunismo non è assolutamente un blocco monolitico e quello che noi identifichiamo come “semplice” comunismo è in realtà una delle sue componenti più riuscite: il marxismo, il comunismo scientifico. Ma andiamo con ordine.
STORIA – La storia del PCI è fatta di bienni importanti: abbiamo visto che la svolta della Bolognina, quindi la fine del Partito, dura un biennio, ma è ancora un biennio, meglio conosciuto come biennio rosso (1919-1920) che è alla sua origine. Finito il Primo Conflitto bellico, il biennio rosso si materializza nell’occupazione delle fabbriche in nome di maggiori diritti e nella promozione di forme di autogestione da parte dei rivoluzionari di sinistra (in particolare i socialisti). La sinistra era in piena effervescenza in quel periodo.
E’ questo l’humus che si arriva al XVII Congresso del Partito Socialista Italiano di Livorno (15/1 – 21/1/1921). E’ in questo Congresso che lo scontro tra massimalisti (i rivoluzionari) e i riformisti si acuisce. Il Congresso si conclude con la scissione e la fuoriuscita della costola più radicale, quella comunista. I ribelli fondano il Partito Comunista d’Italia (PCd’I) che diventerà in seguito PCI.
GLI UOMINI SIMBOLO – Ci focalizziamo su tre delle personalità all’origine della nascita del PCI. Le prime due figure di statura eccezionale sono quelle di Umberto Terracini e di Amedeo Bordiga. Anime intellettualmente autonome, non risparmiarono critiche all’impostazione bolscevica del socialismo sovietico, ma anche ad alcune decisioni dello stesso PCI proprio perché avevano riposto in questo partito tutte le loro visioni di un mondo più giusto ed equo, più umano e senza classi.
La terza figura è senza alcun dubbio quella di Antonio Gramsci, l’unico vero rivoluzionario-filosofo italiano letto tuttora all’estero. E’ lui all’origine di nozioni politiche e filosofiche come quella di egemonia culturale (in estrema sintesi l’imposizione interiorizzata di un credo da parte di una classe sull’altra). Gli esponenti di spicco (i deputati comunisti vennero arrestati l’8 novembre 1926) e i militanti del PCI, così come i dissidenti di altri partiti e movimenti, furono tra gli obiettivi principali contro cui si scagliarono le braccia della morte fascista.
Molti di questi organizzarono la resistenza armata sulle montagne dell’Italia del Nord. La compagine più numerosa e più organizzata era senza dubbio quella del PCI che diede vita alle varie Brigate Garibaldi che contribuirono in modo significativo a condannare la RSI e Mussolini alla storia. I comunisti furono tra i gruppi più importanti dell’Assemblea costituente che diede vita, appunto, alla nostra Costituzione.
STORIA RECENTE – E’ però a guerra finita che la storia più recente del PCI ha inizio. Dopo il 1943, Palmiro Togliatti, anima finissima del PCI, rientrò in Italia dopo la permanenza sovietica e fu il promotore della “svolta di Salerno” per dare vita ad un governo di compromesso contro la minaccia nazista e fascista che ancora imperversava nel Nord del Paese. L’attentato del 14 luglio 1948 contro Togliatti avrebbe potuto scatenare una rapida escalation di violenze, ma fu lo stesso Togliatti a calmare gli animi e a chiedere la pace. Togliatti diresse il partito fino al 1964, anno della sua morte, avallando spesso le visioni di Mosca.
Nel 1972, Enrico Berlinguer prende le redini del PCI, diventandone il Segretario nazionale fino al 1984. Il Segretario decide di rompere con il comunismo alla sovietica (dirà che la forza progressista della Rivoluzione d’Ottobre si è esaurita nell’URSS) inaugurando così il percorso dell’eurocomunismo, un’ideologia marxista tendente al socialismo democratico. Con l’invasione sovietica della Polonia, i legami tra URSS e PCI vengono definitivamente sciolti. Berlinguer fu tra i promotori del famoso “compromesso storico”, ovvero un accordo comunista-democristiano contro la destra. Il PCI ottenne il 34% alla Camera e il 33,83% al Senato alle politiche del 1976, senza riuscire ad ottenere il governo. Il PCI è diventato così il più importante partito comunista d’occidente. Berlinguer muore però nel 1984 e i suoi funerali verranno ricordati per la folla oceanica che si era riversata nelle strade.
A partire da quell’anno, la forza propulsiva si spegne gradualmente, fino ad arrivare alla fatidica svolta della Bolognina del 1989-91. Achille Occhetto fu l’ultimo segretario e il partito si scisse in Partito della Rifondazione Comunista e nel Partito dei Democratici di Sinistra, il progenitore dell’attuale Partito Democratico.
Attualmente, l’area extraparlamentare a sinistra (ovvero tutti i partiti a sinistra del vecchio partito di Liberi e Uguali) comprende una costellazione di partiti che si auto-definiscono partiti. Alcuni si rifanno più marcatamente all’esperienza sovietica, maoista o trotskista. Tra questi troviamo il Partito Comunista di Marco Rizzo e il Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando. Altri invece cercano di riprendere la tradizione del PCI, come l’omonimo Partito Comunista Italiano nato a San Lazzaro di Savena nel 2016.
DINA BALSAMO, SEGRETARIA PROVINCIALE PCI – Abbiamo quindi contattato Dina Balsamo, segretaria provinciale del PCI, che ha gentilmente accettato di rispondere ad una domanda che cerca di legare passato, presente e futuro del PCI.
- Qual è oggi l’importanza di essere comunisti e cosa significa rifarsi al pensiero marxista nel XXI secolo?
“Il capitalismo, dopo la fine dell’URSS, ha imperversato senza ostacoli per oltre un quarto di secolo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, lo scenario internazionale è sempre più preoccupante, segnato da politiche neo colonialiste e neo imperialiste che comportano il rischio di un conflitto su larga scala. Le diseguaglianze sono aumentate vertiginosamente – racconta la segretaria Balsamo – Ma, secondo il comune sentire, il problema è la migrazione di questa umanità in fuga e non l’iniquità di questa società e di questo modello di sviluppo. Un sistema che per svilupparsi ha bisogno di distruggere ciò che costruisce, ha potuto operare senza una reale alternativa in campo perché la sinistra ha fatto propria la logica delle compatibilità, della neutralità dei problemi e della obbligatorietà delle scelte.
Oggi il capitalismo ha mostrato il suo vero volto e palesa una crisi strutturale che viene da lontano. Siamo di fronte ad un insieme di questioni che connotano la sfida globale (pace, sviluppo, ambiente etc.); esse impongono innanzitutto un cambio di prospettiva, un diverso approccio culturale e politico. Serve un’alternativa forte, la cui risposta non può essere cercata dentro le compatibilità del sistema ma va ricercata fuori da esso, rimettendo in campo la prospettiva di una società socialista per il XXI secolo – continua Dina Balsamo – Per questo abbiamo scelto di ricostruire il PCI, una forza politica comunista non chiusa nel settarismo, volta ad unire i comunisti entro un fronte ampio della sinistra di classe. Guardiamo ad un soggetto comunista al passo coi tempi, capace di fare tesoro della parte migliore della storia del movimento comunista italiano ed internazionale; un soggetto capace di portare nello scontro sociale e nella dialettica politica una visione generale delle contraddizioni dello sviluppo capitalistico, ed al contempo di lavorare quotidianamente per la difesa delle classi subalterne, capace di rappresentare la prospettiva storica del socialismo e del comunismo, quale risposta alla crisi di civiltà nella quale stiamo precipitando”
Francesco Mirra