Il Mondiale è la competizione massima per Nazionali che si disputa ‘solo’ ogni 4 anni (perché poi?). Un torneo unico e irripetibile, che non tutti nella propria carriera hanno avuto e avranno la fortuna di poter giocare.

C’è chi invece di Mondiali ne ha giocati tanti, persi e vinti, tra lacrime e gioie. Basti pensare a Lothar Mattheus e Antonio Carbajal, rispettivamente a quota 5 Mondiali disputati. Il portiere messicano ha partecipato ai Mondiali del 1950, 1954, 1958, 1962 e 1966 giocando in tutto 11 partite e subendo 25 gol (record negativo condiviso con l’arabo Mohammed Al-Deayea); il fantasista tedesco, invece, ha partecipato ai mondiali del 1982, 1986, 1990, 1994, 1998, giocando in tutto 25 partite (record assoluto) e vincendo 1 oro e 2 argenti.

Difficile eguagliare record simili, soprattutto al giorno d’oggi, dove molti atleti conquistano la Nazionale anche in tarda età (vedi Campagnaro a 31 anni). Oltre a questo, basti pensare a giocatori come Klose che sono all’eterna ricerca di record su record da battere con la maglia del proprio Paese, o come Cassano e Tevez che per quante magie possano fare in campo, difficilmente prenderanno un aereo per il Brasile.

Ed è qui che subentra la ‘malattia o sindrome da Mondiale’. Questa può essere suddivisa in: quei giocatori che sono punti di forza nei loro club, ma non in Nazionale, e forti di questo aspetto si prendono un’annata di relax fisico nella stagione che porta al Mondiale per essere al Top a giugno;  i giocatori che trascorrono la loro sessione di mercato estiva (e a volte anche quella invernale) in una corsa contro il tempo nel cercare una squadra che gli dia il posto fisso, anche declassandosi come blasone del club, pur di andare a questi benedettissimi Mundial; e infine quelli che per quanto possano dimostrare sul campo, vuoi per incomprensioni personali o tecnico-tattiche con il ct, vuoi per un nuovo progetto (che è una parola che piace davvero a tutti usare) non rientrano più nei piani della Nazionale.

Partiamo dalla prima categoria, ‘i figli della scuola Klose’. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello di Gervinho: Garcia sta aspettando che l’ivoriano si riprenda dall’infortunio per lanciarlo in campo nel suo tridente, ma l’attaccante stenta a rientrare (solo ieri una prima convocazione). Fin qui tutto ok, se non fosse che la Costa D’Avorio lo ha convocato già da qualche giorno per lo spareggio in cui è impegnata la Nazionale. A questo, aggiungiamo il caso di Hugo Campagnaro dell’Inter, infortunato da oltre un mese, ma convocato dal ct Sabella. Cosa dicono in Argentina? Che ‘Hugo Boss’ ha confessato di  non giocare per scelta di Mazzarri (che lo ha voluto fortemente con sé in neroazzurro). Allora dov’è la verità? Semplice, sia l’argentino che l’ivoriano sono figli della scuola Klose, maestro nel gestire l’annata che porta al Mondiale o Europeo. Cosa insegna il caro nonno Klose? Da quando è in Italia è successo già con gli Europei del 2012, dove disputò una stagione 2011/2012 davvero ottima inizialmente per poi iniziare a calare e uscire dalle scene a fine Aprile, non rientrando più per evitare infortuni. Per un giocatore over 30, preservare il fisico più che la mente è fondamentale; e per i vari Klose e Campagnaro, subire un infortunio grave o un qualcosa che intacchi il processo di preparazione fisica al Mundial sarebbe una tragedia, e quindi si tende, sbagliando, ad andare anche contro il proprio club. Campagnaro potrebbe disputare il suo primo e ultimo Mondiale, Klose potrebbe segnare il 15° gol in un Campionato del Mondo, eguagliando il record detenuto da Ronaldo (Il Fenomeno, quello vero), e prego la Federazione tedesca di preparare un posto al biancoceleste per questi Mondiali altrimenti ho il serio dubbio di veder nonno Klose giocare fino a 40 anni pur di togliersi quest’ossessione.

La seconda categoria, invece, ci regala un altro esempio di malattia da Mondiale è la categoria ‘devo giocare con continuità’. Già, perché l’estate pre-mondiale per i procuratori è davvero rovente. Ne sanno qualcosa quelli di Higuian, Mario Gomez, Romelu Lukaku, che hanno dovuto trovare una nuova sistemazione ai loro assistiti: Higuain dal Real Madrid al Napoli, ora sicuro titolare e non più costretto al dualismo con Benzema che lo penalizzava a tal punto che il ct Sabella lo scorso anno richiamò addirittura El Tanque Denis in Nazionale, pur di non convocare el Pipita, spesso in condizioni fisiche non ottimali. Ora a Napoli regna lui e un posto in Brasile 2014 non glielo toglie nessuno. Stesso discorso per Mario Gomez, altro panzer tedesco come Klose che non vuole perdere la Nazionale. Passa dal Bayern Monaco alla Fiorentina, dove infortunio a parte, è il fulcro di tutto il gioco viola e probabilmente un posto ai prossimi Mondiali se lo giocherà proprio col suo connazionale alla Lazio. Andiamo un po’ all’estero e prendiamo l’esempio di Romelu Lukaku, centravanti dell’Everton in prestito dal Chelsea. Considerato da tempo un grande prospetto, l’attaccante belga dopo la positiva stagione con il West Bromwich, ha preferito un nuovo prestito piuttosto che giocarsi le sue carte al Chelsea con gente come Eto’o, Torres, Demba Ba (per quello ci sarà tempo). Un ragazzo della sua mole e il campo gli sta dando ragione, ha bisogno della continuità giusta per mantenere al Top la forma fisica e trascinare il sorprendente e promettente Belgio alla prossima rassegna mondiale.

Infine, abbiamo la categoria dei ‘non vado al mondiale, ma non per miei demeriti’. Cassano e Tevez sono l’esempio lampante. Il primo ormai fuori dal progetto Prandelli, a detta del barese senza alcun motivo chiaro, e difficilmente lo vedremo al Mondiale, a meno che non diventi capocannoniere della Serie A, o porti il Parma in Europa a suon di gol e assist. Prandelli dopo gli Europei ha chiuso con alcuni elementi di quel gruppo come il numero 99 del Parma o Totò Di Natale, per aprire ad altri giovani o in rampa di lancio come El Shaarawy, Cerci e Osvaldo. In Argentina, invece, ad ogni partita dell’Albiceleste c’è sempre un cartoncino o uno striscione per il ritorno di Carlitos Tevez in Nazionale, che esortano il ct Sabella a convocarlo. D’altronde un argentino che si è fatto amare anche in Brasile con la maglia del Corinthians, ha davvero i ‘cojones’ per guidare l’attacco biancoazzurro in terra del Nemico numero uno. Richieste che, però, contano poco quando ci sono Aguero, Messi, Higuain, Lavezzi, Di Maria e Palacio che divertono il pubblico. Alla base del gelo tra l’Apache e il Ct ci sono questioni tattiche: Sabella conosce bene Tevez e lo considera un giocatore che rende al meglio quando è il fulcro del gioco offensivo (come con la Juventus), cosa che in nazionale non potrà mai succedere.

La corsa al Mondiale è unica ed emozionante, si fa di tutto per tenersi in forma e dare il meglio come mai nei tre anni precedenti, sperando di conquistare un posto lì, su quell’aereo. Ma non sempre è andata bene, come al nostro Bobo Vieri, passato al Milan nell’estate del 2005 dopo aver rescisso con l’Inter e poi trasferitosi al Monaco di Guidolin a gennaio per trovare continuità, dopo la grigia apparizione in rossonero. I gol arrivarono in Francia e con loro anche un infortunio che gli fece saltare Germania 2006, quel Mondiale che stava inseguendo e di cui oggi va fiero Iaquinta, chiamato proprio per sostituire Bobo.

Questi sono solo alcuni esempi dei tanti calciatori che nell’anno dei Mondiali cercano di dare una svolta alla propria carriera ormai ricca ma senza divismo (vedi Higuain e Tevez, comprimari in Real e City, ma stelle di Napoli e Juve). Altrimenti si rischia di diventare gli Amauri di turno, che da molti anni a questa parte, alla prima intervista stagionale esclama: “voglio conquistare la Nazionale, sogno il Mondiale”…

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