“Ambarabà per un falò/dove metto sulla brace/tutto quanto non mi piace./Vecchio gioco e libro nuovo/quel che cerco e che non trovo,/l’ubbidienza e la pazienza./Far la nanna quando è presto/la minestra e tutto il resto.”
Proprio al centro dell’inverno, quando il freddo gelido circonda le nostre città e irrigidisce le nostre giornate, in molti luoghi della Campania, ma in realtà dell’intera Italia, vengono accesi dei falò in memoria di Sant’Antonio Abate, il Santo che si è celebrato proprio ieri, venerdì 17 gennaio. In alcuni paesi del salernitano e di Avellino, da Campagna a Nusco, da Vietri e Castelvetere sul Calore, infatti, proprio in questo finesettimana si sta celebrando il Santo con spettacoli vari e con i celebri “fucarori”.
Sant’ Antonio e la leggenda della nascita del fuoco – Ma perché Sant’ Antonio viene legato da sempre all’elemento fuoco? Le ragioni vengono fatte risalire ad un’antica leggenda secondo la quale il Santo avrebbe portato il fuoco sulla terra attraverso il tumulto del suo bastone dopo averlo rubato dall’ inferno, insieme al suo fido maiale che compare sempre nelle rappresentazioni iconografiche. Secondo un’altra leggenda il Santo si sarebbe recato all’inferno per salvare alcune anime dei morti dalle grinfie del diavolo. Secondo questa leggenda mentre il maiale creava scompiglio fra i demoni Sant’ Antonio avrebbe appiccato il suo bastone a forma di “Tau” che poi avrebbe portato fuori dagli inferi per donarlo agli uomini. E’ per questo che in questo fine settimana molti paesi della nostra Italia si inebriano di misticismo e raccolgono milioni di persone intorno al fuoco che ci illumina, ci riscalda, quasi ci ipnotizza con le sue scintille.
La vita di Sant’ Antonio – Secondo l’agiografia Sant’ Antonio nacque a Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250, a vent’anni abbandonò ogni cosa per vivere prima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso. E’, infatti, il primo eremita della storia. Condusse una vita da anacoreta fino ad 80 anni. Morì nel 356 a più di 100 anni. In vita interruppe due volte il suo eremitaggio : la prima volta per confortare i cristiani di Alessandria perseguitati da Massimino Daia; la seconda per esortarli alla fedeltà verso il Concilio di Nicea. La sua vita tra eremitismo, ascesi e missioni ci è stata tramandata dal discepolo Atanasio in Vita di Sant’ Antonio e da Jacopo da Varagine in Legenda Aurea.
Sant’Antonio Abate nelle iconografie – Oltre che con ai piedi il maiale, il Santo di origini egiziane viene anche rappresentato con donne al suo fianco, volendo in questo caso ricordare la sua tenacia e perseveranza nel non cedere alle passioni e alle tentazioni. Celebri sono, infatti, i dipinti di Hieronymus Bosch (o di un suo seguace) Trittico delle Tentazioni di Sant’ Antonio, realizzato tra 1500 e il 1525 e conservato nel Museo del Prado a Madrid e quello di Paul Cezanne che porta il medesimo nome, realizzato tra il 1875 e il 1877 e conservato nel Musèe d’ Orsay a Parigi.
I simboli del Santo eremita– Dunque se non manca mai il maiale nelle storie sul Santo eremita, tant’è che il 17 gennaio si è soliti far benedire gli animali di cui è protettore, e se il fuoco è sicuramente un elemento per il quale viene ricordato e celebrato, il “Tau” è allo stesso modo un simbolo imprescindibilmente legato alla vita del nostro anacoreta. In molti dipinti, infatti, il “Tau” è ben visibile, come, ad esempio nel dipinto di Francisco de Zurbaràn in cui è presente addirittura sotto la luce divina che ricade sulla testa di Sant’ Antonio.
Il simbolo del “tau” che compare o come forma del bastone del Santo o come segno sulla tunica sottoforma di lettera “tau” richiama la croce egizia, quindi le origini dell’eremita, divenuta poi simbolo dell’immortalità e dei cristiani alessandrini. Secondo altri studiosi, invece, richiamerebbe la parola “Thauma” che significa letteralmente “prodigio”. Inoltre la “tau” è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, quindi tale simbolo rievocherebbe le cose ultime e il destino.
Infine, altro simbolo è la campanella che compare o sul bastone o al collo del maiale. Essa oltre a scacciare gli spiriti maligni era usata dai monaci antoniani per annunciare il loro arrivo. Inoltre, secondo quanto ci è stato tramandato, la campanella veniva appesa al collo dei maiali per evitare che venissero rubati, essendo stato per i monaci antoniani un privilegio poterli allevare, concesso loro dal Papa.
Sara Perillo