Alla riscoperta del nostro territorio, i personaggi e i mestieri: “Zì Fonz ‘u Lampiunaro” (FOTO)

Continua il nostro viaggio, grazie alla collaborazione di Raffaele Ciaglia gestore di “Le nostre Bellezze Sconosciute” e sempre alla ricerca di luoghi della Campania e della Basilicata a cui ridare lustro e visibilità, nel riscoprire le tante bellezze che la storia ha lasciato sul nostro territorio

Da oggi, invece, inizieremo a parlare dei personaggi e dei mestieri simbolo delle varie comunità e che oggi non sono più di uso comune. In questo articolo parleremo della figura del “Lampionaro”.

ZI’ FONZ ‘U LAMPIUNARO –Alla fine del 1800 non esisteva la luce elettrica nella città di Eboli e la sera venivano accesi dei lampioni a gas per illuminarla.

La figura de ‘U Lampiunaro, che i latini con una bella espressione chiamavano “lucernarum accensor”, era addetto proprio all’accensione e allo spegnimento dei lampioni, posti soprattutto nella piazza, mentre le rue e gli altri vicoletti erano illuminati poco, da una debole luce. Per sconfiggere la paura, spesso si attraversavano quei tratti di strada correndo, cantando o recitando preghiere.

L’ultimo personaggio ebolitano, addetto a questa mansione, fu Alfonso Visconti, riconosciuto da tutti col nome di Zì Fonz ‘u Lampiunaro, nato nel 1855 e morto nel 1957. Vissuto dunque fino a 102 anni, anche questo personaggio è divenuto parte integrante della storia ebolitana.

Si narra che in occasione del suo centesimo compleanno, il paese gli tributò gli onori degni di un cittadino benemerito. Venne finanche una troupe della Rai che lo intervistò, chiedendogli se ricordasse il giorno del suo matrimonio e come lo avesse trascorso. L’arzillo Zì Fonz rispose: “aggio mangiato maccarune ‘mbruscinate, carne ‘e strascione ‘e nu bicchiere ‘e vino; e poi me jett’a curcà”.

Al di là di questa allegra battuta, questa figura popolare è ricordata con riguardo, avendo racchiuso con la sua esistenza oltre un secolo di storia locale e nazionale: aveva 5 anni quando Garibaldi fu ospitato ad Eboli nel palazzo La Francesca, durante il suo tragitto con ‘I Mille’. Ne aveva 45 quando vi fu l’attentato mortale al re d’Italia Umberto I. Ed ancora vide l’alba della Patria Unita e visse emotivamente anche la delusione storica che ne seguì, con le due Guerre Mondiali e la conseguenti tragedie della miseria.

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