Lockdown anche per le aree interne?
C’è una domanda che spesso ci si pone nelle aree isolate, dove mancano molti servizi primari. Avranno lo stesso trattamento delle aree metropolitane?
Nessuno fino ad ora ha approfondito questo aspetto, eppure dovrebbe essere argomento di discussione. Con l’avvento dell’industrializzazione le aree interne sono state abbandonate preferendo i grandi centri. Chi vive nei piccoli paesi interni spesso deve percorrere molti chilometri per usufruire dei servizi primari, in alcuni centri manca la farmacia o il panificio e spesso la connessione a internet non consente neanche la possibilità di lavorare da casa.
Cosa sono le aree interne?
Quando si parla di aree interne ci si riferisce a oltre 4.000 comuni italiani, per un totale di 13 milioni di abitanti. Questi luoghi sono territori molto distanti dalle zone che offrono servizi essenziali e molto spesso anche il diritto allo studio è compromesso poiché distanti dalle scuole secondarie ma molto spesso con lo spopolamento anche primarie. Oltre l’80% dei comuni nelle aree interne non ha nessuna scuola superiore statale, il 39% non ha scuola media.
Molto spesso i comuni confinati uniscono le forze politiche dividendo i servizi come la scuola o l’ospedale. Dal 2012 si è iniziato a classificare le aree interne con l’obiettivo di sottolineare le esigenze di ogni comune. Già dalla fine della seconda guerra mondiale le aree dette interne hanno iniziato a spopolarsi quindi di conseguenza i servizi sono diminuiti.
I paesi più grandi detti “polo” sono quelli che offrono questi e più servizi in un unico centro. I comuni poco distanti dal polo cioè quelli che distano pochi minuti dal “polo” sono chiamati “cintura”, quelli raggiungibili il venti minuti sono chiamati “intermedi” e quelli distanti quaranta minuti sono detti periferici.
Allora ci si può spostare nei paesi limitrofi per usufruire dei beni primari?
Il DPCM specifica che ci si può spostare dal proprio comune se:
- non è possibile acquistare i beni necessari nel proprio comune;
- nel comune di residenza non c’è un punto vendita (come spesso accade nei paesini di montagna);
- nel limite del tragitto più breve, significa che si deve preferire il comune adiacente alla propria residenza;
- muniti di autocertificazione dove indicare “altri motivi”.
Alcune domande trovano risposta in questi punti del DPCM, ma tante altre situazioni non restano molto chiare. Infatti anche le stesse forze dell’ordine locali non sono in grado ancora di rispondere a tutti i dubbi dei cittaini.
Durante il primo lockdown ai cittadini non era consentito raggiungere questi centri e l’acquisto dei beni veniva affidato alla Protezione Civile. Oggi non è così e logicamente le domande restano ancora tante.
Laura Piserchia