La maschera ebolitana di Don Annibale, l’importanza della memoria durante la pandemia (FOTO)

Ogni città con un certo passato storico e culturale ha un legame intimo con il Carnevale. Le maschere contribuiscono non solo a creare un’atmosfera di festa e di partecipazione, ma anche a modellare l’immagine e l’identità di una comunità. Pulcinella a Napoli, Balanzone a Bologna, Pantalone e Colombina a Venezia, Arlecchino a Bergamo e … Don Annibale a Eboli.

Sappiamo molto poco delle origini di questa tradizione popolana, ma che è divenuta sin da subito un collante per l’intera comunità ebolitana che a Carnevale si univa per la rappresentazione e che entrava in scena nell’atto finale con balli e canti corali. Abbiamo la fortuna di avere delle testimonianze dirette dell’attuale Don Annibale in persona, Cosimo Parisi, che si è gentilmente reso disponibile a rispondere ad alcune domande sulla maschera, ma anche più personali dato che suo padre, Massimo, è stato il Don Annibale per molti anni. Si tratta quindi di un legame sanguigno con la maschera e proprio per questo sentito ancora di più.

Il pericolo maggiore al giorno d’oggi è che l’attuale pandemia contribuisca ad affievolire la torcia della memoria, già minacciata da una società sempre meno attaccata alle proprie origini e alle proprie tradizioni. Il nostro obiettivo è quindi quello di contribuire ad invertire il senso di marcia e di riappropriarci, a poco a poco, del nostro passato e del nostro “noi” collettivo.

Eboli, Don Annibale 1993
  • Quali sono le origini della maschera di Don Annibale? Conosciamo l’autore?

“Molti di voi già conoscono questa vecchia tradizione ebolitana, mentre per i più giovani è quasi obbligatorio mostrargliela, ovvero interpretare durante il periodo di carnevale l’antica farsa del Don Annibale. Questa, risale ai primi anni del 1700 e veniva recitata, cantata e suonata con particolare motivo per il paese eburino nelle domeniche che precedevano il carnevale e il Martedì Grasso, cioè l’ultimo giorno di carnevale. La farsa del Don Annibale è stata tramandata da generazione in generazione ed è propriamente recitata come in origine fino al 1940 e per alcuni anni dopo la fine della Guerra – racconta Parisi – La farsa era rappresentata da persone appassionate dalla ricorrenza del Carnevale e divertiva tutti gli ebolitani. Finiva a tardissima ora della sera e si concludeva sempre con una ballata, cantata e suonata in casa delle varie famiglie che con abbondanti mangiate ospitavano i figuranti. I personaggi erano tutti maschi, anche le uniche due figure femminili presenti, siccome all’epoca era vietato alla donna recitare.

Eboli, Don Annibale

La farsa narra della celebrazione di unione tra Giulietta e il protagonista principale Don Annibale, contrastato da zì Aniello, padre di Giulietta, ma l’aiuto di un intermediario, il Dottore che tutti i mali guarisce i due riescono a convolare a nozze. Ma i problemi non finiscono perché all’improvviso compare una nota figura carnevalesca, Pulcinella che con molto folklore chiede la mano della serva del Dottore, Carolina. Il dottore – ci spiega Cosimo – si trovava a risponderne in prima persona alla richiesta di Pulcinella e alla volontà di Carolina di unirsi con il proprio amato. La farsa finisce con un invito rivolto a tutti i presenti a partecipare al matrimonio tra Don Annibale e Giulietta, il tutto accompagnato da una bella tarantella napoletana eseguita dai musicisti sempre presenti”

Eboli, Don Annibale, piazza della Repubblica
  • Quindi quali sono i personaggi principali della farsa?

“Per quanto riguarda i personaggi principali possiamo affermare che la principale caratteristica della farsa consiste nel fatto che l’unione affiatata dei sei componenti è fatta da soli uomini. Schematicamente, i personaggi che compongono e riproducono oggi questa farsa: Don Annibale (l’amoroso di Giulietta), Giulietta (la figlia di zì’ Aniello e l’amorosa di Don Annibale), Zì Aniello (il padre di Giulietta), Dottore (il medico di tutte le malattie), Pulcinella (l’amoroso di Carolina), Carolina (la serva del Dottore). Ad oggi, le persone che stanno portando avanti questa tradizione sono Gaetano di Lorenzo, Cosimo Parisi, Cosimo Rinaldi, Aliberti Rocco e le new entry Alessandro Parisi e Donato Ciao. Tuttavia, la farsa è aperta a tutti gli attori amatoriali e musicanti. Un ringraziamento speciale per la continua collaborazione va al Comitato Paterno Fontanelle e alla stupenda Banda Città di Eboli”

Eboli, Don Annibale, oggi
  • Qual è l’importanza oggi di riproporre una maschera tradizionale, soprattutto in un periodo di crisi sanitaria come questo in cui il festeggiamento del carnevale non è possibile?

“In un anno brutto come quello passato il Don Annibale ha raggiunto i 20 anni di attività continua di rappresentazione. In questo periodo di restrizioni non possiamo far altro tutti che deporre le maschere e aspettare che tutto passi per tornare ad inscenare la farsa ancora più carichi di prima – racconta a malincuore Cosimo Parisi – Abbiamo anche il dovere e l’obbligo di non far spegnere quella fiamma che ogni anno ci accompagna e ci invoglia a mettere in scena il Don Annibale. Lo dobbiamo a chi ci ha lasciato questa maschera ma soprattutto lo dobbiamo alle generazioni future, perché il Don Annibale è certamente una farsa ma è soprattutto un momento di gioia, di convivialità e di socialità fondamentale per la cultura storica della teatralità amatoriale di Eboli”

Eboli, Don Annibale
  • Cosa rappresenta e che cosa ha rappresentato per te la maschera di Don Annibale?

“Questa è una domanda che implica una risposta un po’ collettiva ma anche un po’ personale. La farsa rappresenta per tutti i componenti e i cittadini è prima di tutto una conferma annuale della tradizione carnevalesca ebolitana. È ormai un tramandarsi di un qualcosa che va ben oltre il classico evento o spettacolo di carnevale, è un qualcosa che ci appartiene e farà sempre parte di Eboli, conosciuta anche nei paesi limitrofi come Campagna (a sua volta con la Zeza), Battipaglia o Serre.

Eboli, Don Annibale Cosimo Parisi

Se poi dovessi dare un parere personale da figurante di Don Annibale, per me rappresenta un qualcosa che mi porta ben oltre la sola tradizione, mi riporta all’affetto che avevo per mio padre, che iniziò come fisarmonicista per poi diventare Don Annibale. Per me indossare i suoi panni è come se ogni anno ritornasse a vivere e ad inscenarla coi suoi vecchi amici. I già citati figuranti odierni del Don Annibale invitano in coro a perseverare nell’esercizio della memoria collettiva”

Francesco Mirra

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