Si è tenuto nei giorni scorsi, presso la sede dell’Ordine dei Farmacisti di Salerno, l’atteso faccia a faccia tra il presidente dell’Enpaf (Ente Nazionale Previdenza Assistenza Farmacisti) e i vertici dell’OdF, per discutere dei costi elevati che i farmacisti devono pagare nonostante la difficoltà nel trovare una stabilità lavorativa. Circa 100 persone presenti che hanno visto sottoporre ai rappresentanti della cassa di previdenza dell’OdF,varie istanze da parte della presidente dell’ASSOFANT Salerno, la dott.ssa Luisanna Pellecchia.
La situazione di criticità è talmente elevata che alla riunione hanno partecipato anche i presidenti degli altri ordini regionali, di Benevento, di Avellino, di Caserta e naturalmente il presidente dell’ordine di Salerno per dare un segnale forte all’Enpaf della criticità che vive il Sud.
Data la scarsità di lavoro in questo periodo storico, molti farmacisti si ritrovano senza lavoro per mesi e mesi e dato che dopo aver superato i 6 mesi e un giorno senza lavoro si diventa disoccupati e scatta la disoccupazione involontaria da parte della cassa di previdenza, quest’ultima dalla durata di 5 anni non basta er riuscire a trovare una nuova e stabile occupazione costringendo molti farmacisti a cancellarsi dall’Albo dell’Ordine dato che a causa dell’assenza di lavoro non sono in grado di pagare la quota per restare iscritti.
Per questo, la richiesta della vice presidente Pellecchia è stata quella di alzare la soglia di disoccupazione involontaria da 5 a 15 anni. Il nocciolo della questione è che superati i 5 anni di disoccupazione involontaria, per i farmacisti che non lavorano è praticamente impossibile pagare la quota annuale richiesta dalla cassa previdenziale di 2250 euro.
Purtroppo, senza l’iscrizione all’Albo e all’Enpaf risulta impossibile lavorare e dunque si è entrati in un circolo vizioso dove molti farmacisti sono impossibilitati a pagare perchè non lavorano e a causa di ciò sono costretti a cancellarsi dall’ordine con la disastrosa conseguenza di non poter trovare più lavoro.
La dott.ssa Pellecchia e i farmacisti, però, non si fermano davanti al rifiuto dell’Enpaf: “Abbiamo aderito al Comitato Cumulo e Casse Professionali per continuare la nostra battaglia. Questo con l’unico scopo di lavorare. D’altronde chi paga la quota dell’85% avrà la pensione decurtata al 15%. Esempio: se uno paga 710 euro l’anno a 68 anni percepirà una pensione pari a 54 euro al mese; chi paga la quota all’1% o al 3% non percepirà nulla. Purtroppo abbiamo constatato come Ordine di aver per perso oltre 960 iscritti proprio a causa dell’impossibilità di pagare la quota di 2250 euro. Chiamiamo tutti a raccolta, bisogna fare fronte comune per affrontare questa situazione”
L’esito dell’incontro non è stato positivo e sembra che i vertici dell’Enpaf non abbiano nessuna intenzione di ‘tendere la mano’ ai farmacisti nonostante le tante proposte messe in campo dalla vice-presidente, come anche quella di allungare la disoccupazione involontaria per tutta la vita, anche ad una quota insignificante ma in modo tale da avere sempre la possibilità di poter trovare lavoro.
Dall’altra parte, l’Enpaf ha giustificato e confermato la sua posizione inamovibile appellandosi alla lgs. 509/94 in base a cui sono stati privatizzati gli enti pensionistici che stabilisce: “la privatizzazione degli enti medesimi, con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile fermo restandone le finalità istitutive è obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di di personale a favore dei quali esse risultano istituite”
Purtroppo, la situazione che si presenta è quella di un cane che si morde la coda e basta fare un semplice ragionamento: com’è possibile che dopo 5 anni senza lavoro qualcuno possa avere la somma necessaria per pagare una quota di oltre 2mila euro?
Filippo Folliero