Tale manufatto dell’arte funeraria della Magna Grecia, di rilevante valore storico-artistico, ha preso parte, se così possiamo dire, alla cerimonia d’apertura delle Universiadi 2019.
Contemporaneamente alla proiezione, un acrobata ha replicato, sospeso in aria, la posizione dell’atleta simbolo di Paestum, andandosi a sovrapporre alla sua sagoma. Momento di grande valore e ricco di colori e suoni che hanno reso il tutto ancor più maestoso.
IL MANUFATTO – Si tratta dell’unica testimonianza di pittura greca, figurativa e non vascolare, nota. La tomba prende il nome dalla raffigurazione sulla lastra di copertura. Si tratta di una tomba a cassa per la precisione, costituita da cinque lastre calcaree in travertino locale. Le pitture erano perfettamente conservate al momento del ritrovamento, sebbene i pochi resti dello scheletro si siano polverizzati al momento dell’apertura. La sepoltura viene comunemente attribuita ad un giovane.
STORIA – La tomba è stata rinvenuta il 3 giugno del 1968, a circa 2 km a sud di Paestum, in una piccola necropoli di fine VI-inizio V secolo a. C. in località Tempa del prete. È stata portata alla luce nel corso di sistematiche campagne di scavo condotte da Mario Napoli, a partire dal 1967. La datazione della tomba risale al decennio compreso tra il 480 e il 470 A.C.
Il manufatto si situa quindi nell’epoca aurea dell’arte pestana, in un contesto politico-sociale che aveva visto, meno di vent’anni prima, l’edificazione del tempio di Atena (impropriamente detto di Cerere) e che avrebbe portato, nel lasso di due o tre decenni, al sorgere del più compiuto esempio dell’architettura pestana, il celebre tempio di Nettuno. La tomba non costituisce il solo esempio della pittura funeraria figurativa della zona di Paestum.
Circa ottant’anni dopo la sua realizzazione, la città venne conquistata dai Lucani, le cui tombe presentano un ricco ciclo di raffigurazioni. Alcune di esse sono esposte all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Paestum nella sala contigua a quella della Tomba del Tuffatore.
Ma cosa simboleggia tale opera?
Il defunto si tuffa nell’ignoto, verso quel mondo ultraterreno che si appresta ad accoglierlo. Metafora perfetta. Ma sono tante le interpretazioni che si danno dell’opera. Lo stesso Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco archeologico di Paestum, ci ha spiegato i suoi molti possibili sensi:
“Si può interpretare come metafora del tuffarsi nella vita, anziché nell’aldilà: immergersi totalmente e con coraggio, cogliere la vita a piene mani, affrontare a testa alta tutto quel che accadrà”
Il racconto del Tuffatore:
“Ma sono vivo, sì, sono vivo. O forse no?
Non provo paura ma pace. Il mare mi chiama. Ho scelto io di raggiungerlo.
Non sono mai stato così vivo.
Chiudo gli occhi. Questa è la fine.
O forse no?”
Silvana Volpe