Alla riscoperta del nostro territorio: “Il Colatoio dei morti” (FOTO)

Continua il nostro viaggio, grazie alla collaborazione di Raffaele Ciaglia gestore di “Le nostre Bellezze Sconosciute” e sempre alla ricerca di luoghi, delle storie e delle leggende della Campania e della Basilicata a cui ridare lustro e visibilità, nel riscoprire le tante bellezze che la storia ha lasciato sul nostro territorio.

Oggi parliamo del ‘Colatoio dei morti’, una camera utilizzata come decomposizione dei cadaveri.

Il sito del Colatoio dei morti era definito nel dialetto locale “o’ scola muort”, ossia il “colatoio per i morti” ed è situato sotto l’area presbiterale dell’antica Chiesa di San Francesco, nel cuore del centro storico della città di Eboli.

Si tratta di un ipogeo funebre usato come camera di decomposizione dei cadaveri: un ambiente finalizzato ad una particolare pratica funeraria attestata in molti luoghi del meridione d’Italia tra i secoli XVII e XIX. Un trattamento dei defunti di cui si avvaleva l’élite cittadina sia laica che ecclesiastica. I corpi venivano adagiati in posizione seduta all’interno di nicchie murarie dotate di sedili che permettevano il deflusso dei liquidi cadaverici mano a mano che la decomposizione seguiva il suo corso e facendo sì che il corpo si purgasse delle parti molli e putrescibili fino all’essiccamento totale dei tessuti. A processo concluso, le ossa venivano lavate con aceto e in alcuni casi con una soluzione di cloruro di calce e deposte in un ossario ad esclusione del cranio che veniva esposto a vista su un lungo mensolone di pietra.

Le caratteristiche architettoniche di tali ambienti e la tipologia organizzativa si ripete con pochissime variazioni in tutto il meridione. A tale sito si accede attraverso una scala a due rampe che porta ad un vano a volta che misura16,35m di lunghezza, 6m di larghezza ed ha un’altezza massima di 5,40m. L’orientamento segue quella dell’impianto ecclesiastico cioè Est-Ovest. Vi sono 32 alloggi per i cadaveri (nicchie) distribuiti lungo tutti e quattro i lati dell’ambiente. Un cornicione/mensola corre per l’intero perimetro al di sopra delle nicchie e veniva utilizzato per l’esposizione dei crani.

Il piano di seduta delle nicchie è posto a circa 50 cm dall’attuale piano pavimentale che è di epoca recente e non sono muniti del tipico foro per la raccolta dei liquidi della putrefazione che spesso è presente in questa tipologia di sedili-colatoio, perciò è plausibile ipotizzare che i liquami dovevano versare direttamente sul piano pavimentale e si incanalavano, probabilmente, in un sistema di raccolta oggi non più visibile. Durante i lavori di riassetto del sito (avvenuti nel 2011) appena a sinistra del varco di accesso allo stesso, è stato possibile rilevare una conca ricavata nella roccia, di altezza non inferiore a 150 cm e che probabilmente si estendeva sotto tutta l’area del colatoio.

Oggi la conca si presenta satura di materiale di risulta, forse derivante dai lavori di ricostruzione post bellici, ma è probabile che lo spazio occupato adesso dai detriti fosse un tempo almeno parzialmente utilizzato come ossario, un elemento sempre presente nei colatoi conosciuti. Una piccola finestra, posta in alto, sulla parete Est, risulta essere l’unica fonte di luce naturale dell’ambiente. Alcuni residui marmorei recuperati nella fase di sgombero sembrano avvalorare le tesi secondo la quale anche il colatoio di Eboli fosse dotato di un altare per occasionali funzioni religiose. Un frammento in particolare è di una certa importanza perché si tratta della porzione del piano dell’altare in cui è incastonata la cosi detta “Pietra Sacra”.

A cura di Raffaele Ciaglia

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