Continua il nostro viaggio, grazie alla collaborazione di Raffaele Ciaglia gestore di “Le nostre Bellezze Sconosciute” e sempre alla ricerca di luoghi della Provincia di Salerno a cui ridare lustro e visibilità, nel riscoprire le tante bellezze che la storia ha lasciato sul nostro territorio.
Oggi ci spostiamo leggermente al di fuori dei confini campani e andiamo in Basilicata, precisamente a Tolve, un paese di circa tremila abitanti dove il nostro Raffaele ha conosciuto un maestro artigiano che lo ha accompagnato a visitare tutte le bellezze di questo paesino.
PREISTORIA – I primi insediamenti che la storia ricordi in questo luogo sono risalenti al 2800-2500 a.C., ritrovati alle falde del monte Moltone (816 m) e in località Magritiello. Si tratta di villaggi composti di capanne neolitiche con materiali di risulta di scarso valore, importanti tuttavia perché attestano la frequentazione del luogo già nel III millennio a.C. grazie alla sua posizione strategica. Alcuni studiosi hanno ipotizzato frequentazioni neolitiche delle numerose grotte che caratterizzano il territorio, come farebbero pensare incisioni rupestri ritenute autentiche e ritrovate sulle pareti delle grotte stesse.
ETA’ ARCAICA – Le testimonianze di età arcaica, invece, sono decisamente più ricche, sono stati infatti ritrovati numerosi insediamenti, anche di notevole interesse storico ed archeologico. I ritrovamenti più noti sono quello della tomba di un guerriero lucano, in località Cappuccini, del quale restano uno splendido elmo di tipo corinzio, uno schiniere in bronzo ed un frammento della spada. Si tratta sicuramente della tomba di un personaggio di rango, vissuto tra il VII ed il V secolo a.C.
La presenza umana a Tolve si fa più importante, in relazione alle numerose ed evolute comunità nel territorio. Nella vicina Serra di Vaglio, il tempio della Dea Cibele è una testimonianza dei culti di divinità di tradizione italica a cui si affiancavano le tradizioni di origine greca. A questo periodo (IV secolo a.C.) risalgono le ville del Moltone e di piana San Pietro, case coloniche di grandi dimensioni, dotate di comfort evoluti per l’epoca (al momento del ritrovamento il bagno della villa del Moltone era il più antico esempio al mondo di bagno con condotte di scarico). Sono stati ritrovati elementi fittili e decorazioni che dovevano regalare al prospetto della villa una visione elegante ed imponente a chi vi si avvicinava dalle pendici del Moltone. La villa aveva un cortile con impluvium su cui gravitavano un’area residenziale con 4 stanze ed un piccolo ma funzionale impianto termale ed un’area di servizi per la produzione di suppellettili (una fornace attiva sino al momento dell’incendio che distrusse la villa stessa) e per la custodia degli animali. La villa venne abitata stabilmente fino al III secolo a.C., quando, anche a causa delle razzie delle truppe di Annibale, il territorio fu progressivamente abbandonato dalle numerose unità rurali di cui si ha traccia.
EPOCA ROMANA – Dalla fine del III secolo al I secolo le tracce di presenza umana stabile sono piuttosto scarse. Si deve arrivare al periodo imperiale per ritrovare segni di una presenza stabile documentata dalla già citata villa di San Pietro, corredata anch’essa di un impianto termale e di pavimentazioni a mosaico dell’età tardo-imperiale e della villa di Piforni. La villa di San Pietro, il cui impianto originale risale al IV secolo a.C., viene abitata a più riprese, soprattutto nel III secolo d.C. e sono state ritrovate tracce di frequentazioni fino al XIII secolo. Numerosi frammenti di colonne romane, di iscrizioni funerarie e di monete di età augustea sono la testimonianza della riabilitazione del territorio da parte di autoctoni che ritornano nelle campagne ridiventate sicure dopo l’affermazione dell’Impero di Roma.
EPOCA MEDIOEVALE – In epoca medioevale, Tolve conosce un’ampia espansione dell’attuale abitato. Il borgo fortificato, sormontato da un castello a tre torri (tuttora presente nello stemma del paese) è circondato da un fossato che lo difende dagli attacchi nemici. All’interno del borgo numerose abitazioni e botteghe artigiane raccontano una vita attiva che ne struttura definitivamente le caratteristiche di centro agricolo-pastorale-artigiano conservato fino ai giorni nostri. Il primo documento ufficiale che attesta la presenza di Tolve come centro riconosciuto legalmente è l’Editto di Rotari del 22 novembre 643. Il paese viene menzionato a proposito del diritto di una donna ad ereditarne il feudo. La dominazione longobarda lascia molte tracce negli usi e nelle abitazioni dei centri fortificati lucani, poi modificati durante la dominazione normanna. A quest’epoca risale la fondazione del castello, di cui restano le scarse tracce sopravvissute ai terremoti e all’incuria dell’uomo.
Un altro documento importante è datato 1001: si tratta di un documento bizantino, sottoscritto dal catapano Gregorios Tarkaneiotes, che nell’ambito di una contesa territoriale con la vicina città fortificata di Tricarico, cita Tolve (Toulbas) riportando anche i nomi di cinque suoi cittadini. Tra essi, oltre a Goinandos, Pancratios, Giovanni di Kara e suo figlio, spicca un Sighenoulphos (nome che tradisce la sua origine longobarda). Tra il IX e l’XI secolo il paese rappresenta insieme ad Acerenza la linea di confine tra il mondo cattolico e il mondo bizantino, di cui si conserva traccia nella antica chiesa del Purgatorio del IX secolo.
In epoca successiva il paese è occupato dai Normanni e nel 1250 il feudatario di Tolve è il conte Galvano, zio materno di Manfredi. Dal Medioevo al Rinascimento, tra il 1300 ed il 1500 il feudo di Tolve passa di mano in mano dagli ungheresi ai francesi, e conosce un periodo di prosperità per la fervida attività artigianale nella produzione di armi da fuoco. Centro fortificato gotico e longobardo, venne successivamente inglobato dai Normanni nella Contea di Tricarico. Nel 1647/48 partecipò ai moti antispagnoli, e nel 1799 all’insurrezione repubblicana.
Infine, Tolve, viene menzionato in almeno 4 libri: in Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, in Rosso cardinale di Peter Nichols, in Fuochi del Basento di Raffaele Nigro e ne Il Liber jurium della città di Tricarico pubblicato a cura di Carmela Biscaglia.
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Filippo Folliero