Alla riscoperta del nostro territorio: la chiesa di San Liberatore che domina sul golfo di Salerno (FOTO)

Continua il nostro viaggio, grazie alla collaborazione di Raffaele Ciaglia gestore di “Le nostre Bellezze Sconosciute” e sempre alla ricerca di luoghi della Provincia di Salerno a cui ridare lustro e visibilità, nel riscoprire le tante bellezze che la storia ha lasciato sul nostro territorio.

Oggi visitiamo la chiesetta di San Liberatore, una costruzione molto antica che fu fatta edificare dal principe Arechi sul finire del secolo VIII, insieme alla fortezza che proteggeva la via Nocerina.

Si trova sui territori di Cava de’ Tirreni, Vietri sul Mare e Salerno e domina le città offrendo una visione sia del golfo di Salerno che dei territori interni e della costiera amalfitana.

STORIA – Nel 979, il Vescovo di Salerno, Giovanni, consegnò ad una monaca salernitana di nome Susanna la chiesa di San Liberatore con tutti i beni che le appartenevano, per fondarvi un monastero femminile o una congregazione di monache, con facoltà di eleggervi la badessa, a condizione però che Susanna ne fosse la prima. Il cenobio sorse accanto alla chiesetta dedicata a Gesù Cristo, Liberatore dell’umanità dalla schiavitù del male ma non sulla cima, dove esistono ancora i ruderi di una rocca di difesa contro piraterie saracene, ma al riparo dai venti in latere montis.

Senza dubbio Susanna fu dell’ordine benedettino, sia perché la regola di S. Benedetto nel 1000 vantava propaggini dappertutto, sia perché il Monastero passò presto alle dipendenze della SS. Trinità di Cava.

Nel 1154 vi troviamo la Badessa Anastasia; nel 1269, Aloaria, nel 1283, Sica: nomi che compendiano tutta una storia intessuta di elevazioni spirituali, di carismi celestiali, di perfezione di vita, di un incanto di virtù che riempiono di un fascino sovrannaturale l’esistenza e l’attività delle pie donne.

Nel secolo XIV la solitudine montana divenne pericolosa per le pie vergini, che si trasferirono nel cenobio di Santa Sofia in Salerno, anche questo alle dipendenze dell’Abate di Cava.

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Filippo Folliero

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