Cosa c’è dietro gli ‘Assistenti Virtuali’: sviluppi recenti, opportunità e problematiche connesse

L’uomo e la tecnologia, un binomio che ormai va a braccetto da decenni e che ha visto questo settore fare passi da gigante negli ultimi anni con un incremento dello sviluppo, solo negli ultimi 30 anni, di oltre mille volte rispetto a tutti gli altri settori esistenti nel mondo.

Una crescita rapidissima, dovuta anche alla capacità della tecnologia di velocizzare e dimezzare i tempi e che ha portato quest’ultima pian piano a prendere anche una propria coscienza, una coscienza artificiale. Infatti, oggi abbiamo a disposizione non solo una tecnologia per aiutare l’uomo nelle quotidiane attività pratiche ma anche una tecnologia capace di dialogare, consigliare e conversare con l’essere umano. L’esempio più lampante di ciò sono gli assistenti virtuali, basti pensare a Siri di Apple, Alexa di Amazon oppure a Cortana di Microsoft. Strumenti che utilizzano l’intelligenza artificiale nelle forme del machine learning non supervisionato, combinata alle tecniche di comprensione ed elaborazione del linguaggio naturale (NPU e NPL), per interagire con gli utenti. Questi dispositivi consentono un’interazione più naturale e libera e sono in grado di sostenere una conversazione vera e propria, a differenza degli ormai superati chatbot che erano presenti sulle prime piattaforme di messaggistica istantanea (es: MSN).

SVILUPPI RECENTI & OPPORTUNITA’ – Ma cosa c’è dietro questa instantaneità di risposta a cui siamo arrivati oggi? Il procedimento può sembrare semplice, ma nasconde in sé non poche difficoltà e criticità, in quanto i computer che possono essere estremamente bravi a manipolare la sintassi, sono del tutto incapaci di contestualizzare i concetti. Per poter sviluppare nel concreto un assistente virtuale esistono almeno tre diverse alternative tecnologiche. La prima è sviluppare un virtual assistant partendo da librerie software, quindi con soluzioni customizzabili e su misura che vanno a rispondere nel dettaglio alle esigenze di un’azienda. La seconda sono le ‘Piattaforme’: si tratta di ambienti di sviluppo che sono già stati preconfigurati per sviluppare una specifica soluzione. L’ultima sono le ‘Applications’: il riferimento è a quelle soluzioni che sono già state completamente programmate e configurate dai fornitori esterni e che possono essere immediatamente utilizzate nell’ambito di interesse dell’azienda. Mentre le applications sono soluzioni limitate e predefinite, già pronte all’uso e facili da implementare, le librerie software, dal momento che andrà progettato l’hardware su cui verrà eseguita l’applicazione, possono rispondere in maniera più puntuale alle specifiche esigenze aziendale.

È evidente come le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale rappresentino una grande opportunità perché permettono nuove capacità e possibilità, come evidenziano le molteplici applicazioni nel campo del Natural Language Processing. Tuttavia, ottenuti vantaggi pratici ci si scontra con nuovi timori basati sugli effetti di queste tecnologie sulla vita delle persone.

POTENZIALI RISCHI – Il costante dialogare con un’IA mette inevitabilmente a rischio la privacy dei dati di una persona, tanto che il ‘Comitato Europeo per la protezione dei dati’ ha cominciato a stilare delle linee guida che sono tutt’oggi in continuo aggiornamento. Come specificato nel documento europeo un assistente virtuale è perennemente in stand-by, quindi è costantemente in ascolto anche se non può svolgere alcuna funzione finchè non viene proferito un comando vocale dall’utente. Quindi, i provider, potrebbero acquisire maggiori frammenti di voce nell’ambiente in cui opera l’assistente virtuale seguendo sempre il processo del machine learning e per questo si necessita di garantire il rispetto delle garanzie in materia di privacy.

Infatti, l’autorità europea, rileva che lo stesso assistente virtuale può essere utilizzato anche da più soggetti in contesti differenti, oltre la possibilità di un controllo da remoto tramite intervento umano. Di conseguenza è cruciale capire chiaramente chi ricopre il ruolo di titolare per garantire la riservatezza dell’utente. Dall’altre parte, invece, lo stesso strumento in modalità stand-by potrebbe captare dati da più soggetti differenti se si trova in un ambiente con più persone contemporaneamente e per questo recentemente è stata messa in discussione l’effettiva necessità del processo di machine learning.

In conclusione, se da un lato c’è necessità di garantire la privacy dell’utente, limitando l’azione dell’apparecchio all’effettivo proprietario, dall’altro non si vuole appesantire i produttori di eccessivi oneri o responsabilità. E’ necessario dunque trovare un punto di equilibrio, perché bisogna si tutelare i diritti umani fondamentali ma bisogna trovare dei limiti e dei divieti ben chiari in modo da poter garantire a tutti un uso sicuro e consapevole.

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