Ciò che distingue le epoche l’una dall’altra sono sicuramente le usanze, le novità e le mode. Tuttavia quest’ultime tendono a ritornare, per imporre e far conoscere quella che un tempo fu la loro importanza. Vediamo così padroneggiare i dolci anni sessanta con la minigonna o gli insuperabili anni ottanta dallo stile ricco di accessori, luccichii e tulle. Questo turn around viene chiamato “ vintage”, dove i capi d’abito o altri oggetti di vanità costituiscono un vero e proprio patrimonio storico e culturale.
Il tutto va differenziato dal generico “tramontato”, che va a designare qualcosa di obsoleto. Eppure molti sbagliano e sono preda del “vecchio”, rendendo lo stile da chic a cheap. In questo caso potremmo filosofare ed essere buoni dicendo che tutto torna in maniera diversa, ma così andremmo a mortificare la vera essenza di quel determinato oggetto. L’errore più frequente, e aberrante, è l’esasperazione di un capo ossia la totale mancanza di conoscenza del suo uso originale, travisando così del tutto un look, che costituiva il leitmotiv di un’ epoca.
I grandi della moda giocano molto su quest’ effetto e nelle loro collezioni nuove cercano sempre di rivisitare in un grande flash back, stili passati, ad esempio riproponendo il punto vita stretto degli anni ’50 o l’eleganza del pantalone a palazzo in tessuto leggero e fluttuante degli anni ‘80. Anche molti divi del cinema e dello spettacolo sono amanti di questo stile e ne adottano le caratteristiche in ogni occasione ( basti ricordare lo stile pin- up della regina del burlesque Dita Von Teese).
Il vintage, quindi, può essere considerato come uno stile di vita elegante e tendenziale ma anche difficile ,che va studiato, apprezzato e soprattutto non declassato al fine di ricostruire ciò che ha ispirato mode moderne, ma in maniera giusta.