Un anno in cui di questo tema se ne è parlato molto, tanto ma forse mai abbastanza. Si sono susseguite lamentele da parte dei genitori che, giustamente, non riescono a seguire contemporaneamente più di un figlio e a lavorare in smart working (se fortunati, visto che in tanti il lavoro lo hanno perso). Per non parlare delle difficoltà economiche che tante famiglie hanno dovuto fronteggiare alle quali, come se non bastasse, si è aggiunta la necessità di avere un computer a testa in casa dal momento che ormai in qualsiasi situazione e per qualsiasi attività questo strumento tecnologico è diventato un indispensabile “compagno di avventure”.
L’intento non è quello di scatenare una polemica o di fare l’ennesima lamentela per guadagnare l’attenzione dei lettori, perché sappiamo benissimo che i sacrifici nella vita sono altri e che in epoche passate i nostri nonni alla nostra età venivano mandati in guerra, e qui alziamo le mani umilmente. Ciò che ci interessa è portare alla luce le difficoltà psicologiche che ogni studente, in qualsiasi fascia d’età, si trova a fronteggiare.
La vita di prima ce la ricordiamo?
- Un bambino delle scuole elementari dopo essere tornato da scuola mangiava, guardava la tv e a fatica iniziava a fare i compiti. Con tanto di rimprovero per aver passato troppo tempo a guardare i cartoni o a giocare alla playstation. E poi andava a scuola calcio, a danza, a basket, a pallavolo, a fare un giretto nella piazza sotto casa con gli amici. Faceva amicizia, litigava, conosceva altri bambini.
- Un adolescente invece? Faceva la bravata di entrare a scuola alla seconda ora magari, oppure di non entrare proprio. Condivideva le sue esperienze con i compagni, copiava o passava i compiti in classe, improvvisava un’interrogazione, pur essendo impreparato, perché in classe la connessione non salta. In classe se la prof ti chiama ti devi alzare e devi andare alla cattedra, non hai vie di fuga. Eppure era bello anche quello. Sono piccolezze che venivano date per scontate ma che nell’insieme diventavano tanto!
- E lo studente universitario invece dove lo mettiamo? Ma soprattutto, esiste? No perché nell’ultimo anno pare proprio che sia caduto nel dimenticatoio. Anche in questo caso lungi da noi ogni tipo di polemica sterile, però ci sono cose che non possono passare inosservate: lo studente universitario ormai è adulto, indipendente e responsabile. E sicuramente ha la maturità per affrontare diversamente alcune situazioni come questa. Ma le lezioni hanno la stessa valenza di quelle in aula? Quanto è difficile per un insegnante guadagnare l’attenzione dei suoi studenti e quanto è difficile per uno studente concentrarsi? E i tirocini, dove li mettiamo? Le scadenze sono rimaste invariate, ci si laurea a distanza ma il parto in questo caso è gemellare perché alla difficoltà della stesura della tesi si aggiunge l’irreperibilità di alcuni professori definiti “fantasma”, che usano la scusa delle troppe email per non rispondere a nessuno.
È una situazione pesante per tutti, sia dalla parte degli insegnanti che da quella degli studenti e la fine sembra essere diventata irraggiungibile. Più ci si avvicina alla luce in fondo al tunnel e più il tunnel si allunga.
Siamo tutti stanchi, stremati, abbiamo voglia di riprenderci ciò che ci manca ma non è ancora questo il momento per farlo. C’è un tempo per ogni cosa e questo è il tempo di stringere i denti, anche se lo stiamo facendo da più di un anno. Non è il momento per essere egoisti, non serve lamentarsi se poi alla prima giornata di sole si fa la corsa ad accaparrarsi il posto migliore in spiaggia. Perché lo vorremmo fare tutti ma è sempre bene ricordare che “la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”. E non dovremmo mai dimenticarcelo.
Meno egoismo, più altruismo. Ma forse questa è un’altra storia.
Anna Spagnuolo