Volare? In India lo si fa “da tremila anni”… a bordo dei Vimana

Cos’è che l’uomo sogna da sempre? Riuscire a staccare i piedi da terra… e volare! Ci è riuscito? Beh ancora no. O almeno non autonomamente. Ha infatti bisogno di mezzi generalmente “alati”, sul quale salire, che sono in grado di trasportarlo in giro per il globo terraqueo.

No, questo non è un articolo del 1900… è solo che ci piace molto riflettere su delle questioni che tendiamo a dare per scontato.

Oggi, con le compagnie aeree low cost, volare, visitare altri luoghi, è alla portata quasi di tutti. Ma avete idea di quanto c’abbia messo l’umanità a raggiungere questo traguardo? Seguendo la storia “tradizionale”, non è stato un percorso privo di fallimenti.

Pensiamo al genio di Leonardo da Vinci (1452-1519), che con i suoi studi sulla conformazione delle ali degli uccelli e l’indagine sulle correnti d’aria, arrivò a teorizzare principi di aerodinamica portati alla luce parecchio tempo dopo, e comprese che il volo dell’uomo non fosse un’impresa impossibile, ma riproducibile con la giusta meccanica. Da qui la progettazione di strumenti capaci, almeno al livello teorico, di supportare il volo umano: il paracadute, la “vita aerea” (da molti considerata prototipo dell’elicottero) e le molte ali battenti progettate.

Alcuni di questi strumenti influirono le scoperte successive, altri non videro mai la luce.

Circa mezzo secolo dopo (1903) due fratelli, Orville e Wilbur Wright passarono alla storia per aver realizzato il primo volo con il primo mezzo motorizzato, il Wright Flyer: la loro idea fu piazzare un motore a scoppio su una sorta di aliante. Dopo il primo fallito, al secondo tentativo il velivolo rimase in aria per ben 12 secondi, percorrendo 37 metri! Quello dei fratelli Wright è considerato il primo aeroplano ad aver eseguito un volo controllato con un pilota a bordo. Teniamolo a mente.

In una pubblicità della compagnia aerea Air India di molti anni fa, lo slogan recitava “Nei cieli dell’India si vola da tremila anni”. Il solito marketing sensazionalistico, vero!? Mmm… no. L’irriverente slogan porterebbe alla luce una presumibile verità, derivante dagli antichi testi indiani.

Secondo uno di questi, il più famoso e riconosciuto testo epico “mitologico”, il Mahābhārata, ci racconta di una feroce battaglia avvenuta nei cieli della Terra. 

La vincitrice di questa guerra fu la potente Indra, che combatteva con il suo veicolo alato gli Asura, che si nascondevano tra le “nuvole”…

Maia, un’altra “curiosa” divinità indù, costruì una “macchina di metallo”, che fu portata in cielo…

Se gli scritti non dovessero bastare, date un occhiata a questo affresco (e ai suoi particolari), risalente al 1600, situato a Puri, nell’India Orientale:

Insomma, secondo il Mahābhārata ciascuno degli dèi descritti, si spostava a bordo di queste “macchine volanti” metalliche chiamate Vimana. Su di essi, che navigavano nei cieli per l’effetto del mercurio che originava un “grande vento”, gli uomini potevano percorrere grandi distanze in brevissimo tempo.

Addirittura secondo il Ramayana, un altro testo indiano antichissimo, quei veicoli divini potevano viaggiare nei cieli della Terra e andare anche verso i loro “mondi d’origine”, e poi tornare sulla Terra. A far sorgere maggiori dubbi il racconto di una particolare navicella il Pushpaka Vimana, quella del dio Rama (protagonista delle vicende epiche) che la utilizzò in un suo “viaggio”, per andare da Lanka ad Aiodia. La prova della sua reale esistenza è in due descrizioni: la prima è il racconto dettagliato del tragitto tra le due città, la seconda è la visione dall’alto dei territori sottostanti; entrambi indizi a prova del fatto che il volo avvenne per davvero.

Di questi antichi mezzi volanti non parlano solo gli antichi testi induisti ma anche un misterioso manoscritto, molto più vicino a noi, datato 1919: si intitola Vaimanika Shastra, ovvero “trattato sulle macchine volanti”. L’autore fu Pandit Subbaraya Shastry. Egli non sa né leggere né scrivere, eppure comincia a farlo (da come si racconta), sotto dettatura psichica da parte dell’antico saggio hindu Bharadvaja.

Il manoscritto contiene descrizione tecniche in 8 capitoli:

  • segreti per la costruzioni di aeroplani, come evitare di spezzarli, tagliarli, incendiarli, e distruggerli;
  • segreto per immobilizzare l’aeroplano;
  • segreto per rendere invisibile l’aeroplano;
  • segreto per ascoltare conversazioni del nemico in altri luoghi;
  • segreto per effettuare fotografie dell’interno di aerei nemici;
  • segreto per accertare la direzione di un aereo nemico in avvicinamento;
  • segreto per fare perdere conoscenza ai piloti degli aerei nemici;
  • segreto per distruggere aerei nemici.

Siamo all’inizio del XX secolo, e come abbiamo descritto in precedenza, i fratelli Wright erano appena riusciti a far volare un mezzo aereo, per soli 12 secondi!

Ciò che colpisce dei racconti sui Vimana, è la descrizione accurata di alcuni strumenti di bordo, che fanno immediatamente pensare ad apparecchiature moderne: prototipi di radar e schermi di bordo, per dirne qualcuna, impensabili per l’epoca.

Il trattato sulle macchine volanti è corredato anche da una serie di illustrazioni tecniche disegnate 4 anni più tardi (1923), da un ingegnere di Bangalore, che descrive accuratamente 4 tipi di Vimana. Potremmo definirli attendibili? Non lo sappiamo.

La cosa che appare lampante è che i testi antichi pare vogliano raccontarci tutti la stessa storia. Sempre in tema India, i testi sacri vedici, un’antichissima raccolta in sanscrito, parla chiaramente dell’esistenza, nell’universo di circa quattrocentomila specie umanoidi, e che molte sono arrivate qui da noi. Di alcune ci si dice addirittura da dove sono arrivate…

O costoro avevano un’immaginazione fuori dal comune, oppure…

 

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