Tante lacrime che danno da bere a pochi sorrisi, questa è la mia città

Era da un po’ che non mettevo mano seriamente al vecchio caro blog e l’ispirazione è venuta dopo una serie di vicissitudini successe a me in prima persona e dopo aver visto tanti poveri miei concittadini ebolitani (a cui dedico questo pezzo e che ringrazio per avermi fatto vivere tante situazioni in prima persona) trattati come oggetti, con i pensieri di questi ultimi generalmente accolti da sorrisi di facciata e rigettati un istante dopo.

Non mi voglio soffermare su questioni personali e ce ne sarebbe da dire tra squallidi tentativi di sequestro di persona (ebbene si), svariate minacce di denuncia da più fronti e continui tentativi di far terra bruciata intorno ad un ragazzo che insegue semplicemente la sua passione e che da spazio alla città che soffre e non a chi già se la passa bene.

Quello di cui vi voglio parlare, è potervi raccontare quanto impegno e quanta forza ci mettono le persone comuni (quelle che incontrate per strada ogni giorno) nei loro progetti di vita e nei loro sogni. Non chiedono mai nulla di grandioso se non un pò di pulizia, qualche controllo e di risistemare qualche zona malandata. Dietro queste richieste, si nascondono storie di persone che ogni mattina si fanno un culo enorme per dar da mangiare alla propria famiglia e per provare a tirare avanti in questa vita che ogni giorno ci da nuove prove da superare. Ma, nonostante le mille difficoltà, ogni giorno si alzano, si fanno il mazzo e tornano a casa stanchi con la schiena spezzata con orari di lavoro massacranti che chi ‘se la ride’ può solo immaginare; tutto questo solo per regalare un sorriso ai propri figli o alla propria famiglia in generale.

Invece di provare a migliorare le semplici vite delle persone con cose altrettanto semplici, perchè alle persone non servono le cose in pompa magna ma serve stare tranquilli e godersi le piccole cose belle che capitano, si spara verso l’alto con eventi o convegni riservati a pochi, contatti esclusivi a cui se un povero cittadino qualunque prova ad avvicinarsi viene allontanato come un lebbroso. E poi, ti capita di sentire frasi come “Alla fine le cose piacciono o no, noi decidiamo cosa vogliamo fare”, oppure di essere preso di mira perchè ti schieri dalla parte della gente con cui sei cresciuto e che vedi tutti i giorni per dare rilevanza a ciò che li fa soffrire o a ciò che li fa gioire (cosa che a mio avviso è la base di un giornalismo sano ed onesto), invece di pompare cose che alla cittadinanza non portano nulla di concreto.

Molti degli interventi fatti negli ultimi mesi non sono piaciuti ai più, a testimonianza la scarsa affluenza o le lamentele giornaliere, che da chi dovrebbe salvaguardare i nostri interessi vengono visti come ‘tentativi di ricevere maggiore popolarità’ e non come un grido d’aiuto nel recuperare situazioni che quotidianamente gettano ansia e sconforto nelle vite dei cittadini che già non vivono nell’oro. Cittadinanza quasi mai interpellata direttamente prima di una scelta che aveva come obiettivo il bene comune…

Chiunque vi dirà il contrario, probabilmente, si abbevera alla stessa fonte di lacrime, le nostre, le vostre. Non fatevi ingannare da una tartaruga che depone le uova (è un evento naturale) o dall’imminente festa patronale (che sarà concentrata in 2 giorni). E’ la quotidianità che fa la differenza.

Per darvi un’idea del mio pensiero, vi lascio con una metafora calcistica: per vincere un ‘campionato’ bisogna vincere tutte le partite, anche contro le più ‘piccole’, non solo gli scontri ‘importanti’. Mentre per vincere la Champions, beh, prima ci si dovrebbe qualificare…

In conclusione, si fa ma non si ascolta, si costruisce ma non si gettano fondamenta. I giovani possono crescere seguendo la loro strada o se questa va in contrasto con ‘chi se la ride’ tutte le battaglie pro-giovani che si fanno, vengono messe da parte? Stiamo migliorando il nostro paese davvero o solo l’immagine che gli altri paesi devono avere di noi?

 

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