Alla riscoperta del nostro territorio: la “Rabatana”, il primo borgo d’Italia concepito come castello fortificato (FOTO)

Continua il nostro viaggio, grazie alla collaborazione di Raffaele Ciaglia gestore di “Le nostre Bellezze Sconosciute” e sempre alla ricerca di luoghi della Campania e della Basilicata a cui ridare lustro e visibilità, nel riscoprire le tante bellezze che la storia ha lasciato sul nostro territorio.

Oggi siamo nel paesino di Tursi, precisamente in un rione chiamato la Rabatana, il primo e più antico borgo d’Italia, concepito e costruito come un grande castello, intorno ad un fortificato maniero.

STORIA – Dopo il declino di Pandosia, l’antica colonia magno-greca, avevano qui trovato sicuro rifugio i Goti prima (intorno al V secolo circa), poi i Saraceni (IX – X secolo) e quindi i Bizantini. Dunque, dalla perduta origine forse gotica e dai resti strutturali di civiltà arabo-musulmana, ormai mimetizzati da insediamenti e stratificazioni successivi, lo storico rione conservava i resti di un torrione dell’ampio fortilizio, ormai “diruto” alla fine del ‘700, un tempo inespugnabile come pochissimi nell’intera regione.

Dalla sommità della collina, infatti, si dominano la valli fluviali dell’Agri e del Sinni con la foce e l’arco dell’alto Jonio, mentre sono ben visibili undici paesi circostanti. Ma la Rabatana (in origine denominata Arabetana, poi Arabatana, cioè “tana degli Arabi”, ma più probabilmente da Ribat: città fortificata) si fa apprezzare ancora per la struttura architettonica difensiva (che solo qui manifesta la tipologia originaria), di chiara impronta saracena, con cunicoli, grotte e strettoie, e con gli archi incrociati (“a schiena d’asino”, le cosiddette “volte a vela”).

Case e palazzi furono edificati praticamente in continuità e tutti tra loro comunicanti, con finestre e feritoie laterali, per poter guardare agevolmente senza essere visti dall’esterno.
Ripide viuzze d’accesso erano state realizzate solo all’esterno dell’intero caseggiato; sbarramenti progressivi, quasi in forma concentrica e a salire verso la sommità collinare, con portoni rinforzati nelle strette e scoscese strade, realizzavano un sistema di protezione a prova di sfondamento.

Ogni vicolo, simile a corridoi interni, passava necessariamente sotto un’arcata, quasi attraversando le costruzioni abitate al piano rialzato, che consentivano controlli e interventi anche dall’alto, eludendo improbabili effetti a sorpresa.

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Filippo Folliero

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