Dalla sicurezza al flop totale: la grande beffa della linea Maginot

Il primo conflitto mondiale aveva visto le forze dell’Intesa, che a partire dal 1915 includevano anche l’Italia, vincere quelle dell’Alleanza, soprattutto la Germania e l’Austria-Ungheria. Tuttavia, gli esiti catastrofici e le cicatrici avevano inevitabilmente segnato i due schieramenti. Nonostante prove forzate di convivenza alla fine del conflitto, la memoria collettiva si oppose ad una vera e propria riconciliazione.

La fine della guerra non significò la fine della mobilitazione militare e della corsa agli armamenti.

In Francia, gli ambienti militari si divisero in due schieramenti: coloro che volevano l’aumento in numero e in equipaggiamento di un esercito estremamente mobile che potesse difendere “elasticamente” la frontiera con la Germania, che nel frattempo aveva perso l’Alsazia e la Lorena, e coloro che parteggiavano per la costruzione di linee di difesa più stabili come fortificazioni, postazioni mitragliatrici e caserme.

Prevalse quest’ultima posizione, sostenuta tra gli altri da Philippe Pétain, figura chiave della Prima Guerra mondiale per la Francia e a capo del governo di Vichy, il governo-marionetta alleato di Hitler, e André Maginot, ministro della guerra che diede il nome a tutta l’opera.

Anche se la linea Maginot era una grande opera che partiva dalla Manica e arrivava fino in Corsica, questa è passata alla storia come quella linea militare che divideva la Francia dalla Germania.

LA LINEA MAGINOT – Vera e propria, di una lunghezza di circa 450 chilometri, si divideva in due parti: quella maggiore, posta a difesa del confine con la Germania e una minore, sul confine alpino con l’Italia (da cui il nome di Linea Maginot alpina).

La posizione statica delle fortificazioni, dei bunker e delle trincee sotterranee prevalse per più motivi: i nuovi territori sottratti alla Germania, l’Alsazia e la Lorena, erano sprovvisti di difese naturali che avrebbero potuto proteggere la Francia da incursioni provenienti dalla Germania. Inoltre, poiché la Prima Guerra mondiale aveva decimato i tassi di natalità, il ricambio delle reclute si faceva difficilmente.

Molte attività estrattive e industriali molto importanti della regione si trovavano a ridosso della frontiera: l’opera era intesa anche in chiave economica, a difesa di queste ultime.

Concentrandoci sul confine franco-tedesco, la Linea Maginot si divideva a sua volta in due grandi settori: la Regione fortificata di Metz, città a sud del Lussemburgo, e quella di Lauter. Il resto del territorio che rappresentava di per sé una linea difensiva per la propria morfologia montagnosa venne costellato di casematte messe in comunicazione tra di loro. La costruzione della Linea Maginot ebbe un costo spropositato per l’epoca, circa 5 miliardi di franchi e poteva accogliere circa due milioni di soldati.

All’inizio, la Linea non doveva prevedere postazioni a difesa del confine franco-belga. Tuttavia, quando il Belgio dichiarò la propria neutralità nel 1936 a discapito dalla precedente alleanza con la Francia in caso di attacco da parte della Germania, la Linea Maginot venne estesa anche al confine belga, anche se meno imponente e con un esercito meno numeroso rispetto al confine tedesco e italiano. La priorità era difendere il confine est, quello attraverso cui i Tedeschi avrebbero potuto accedere direttamente sul suolo francese.

In totale, i lavori durarono circa dodici anni, dal 1928 e il 1940, anche se il grosso fu finito già nel 1935. I venti di guerra che spiravano da est funzionarono da acceleratore dei lavori.

I vari settori della Linea erano sistematicamente organizzati con dei bunker distanziati di circa cinque chilometri l’uno dall’altro e messi in collegamento attraverso dei tunnel sotterranei che permettevano il dislocamento delle truppe e dell’equipaggiamento senza esporli direttamente all’artiglieria e ai bombardamenti nemici. Costruzioni di minore importanza erano ugualmente posizionate in postazioni intermedie. L’opera era completata da tutto il gomitolo di strade e binari ferroviari che mettevano in collegamento le retrovie e le infrastrutture della Linea Maginot. Gli armamenti in dotazione alle truppe francesi erano piuttosto sofisticate per l’epoca: tra gli altri, cannoni anticarro, mortai, mitragliatrici e lanciagranate.

LA BEFFA – La Linea Maginot fu determinante per stabilire le sorti del conflitto mondiale. Le varie forze dispiegate lungo la linea non spararono praticamente neanche un colpo. I nazisti, dispiegando un numero esiguo di soldati lungo la Linea che funse da diversivo, aggirarono quest’ultima invadendo il Belgio nella missione Sichelschnitt. Relativamente più utile fu la Linea delle Alpi che tamponò l’avanzata italiana. Tuttavia, la capitolazione della Francia consentì all’Italia di Mussolini di penetrare in suolo francese senza incontrare altre opposizioni.

Oggi una parte dell’opera è visitabile per alcuni tratti ed alcune strutture sono state adibite a museo. Una parte è interdetta al transito perché classificata ancora come zona militare. In ultimo, un’altra viene utilizzata dai coltivatori di funghi grazie al microclima particolarmente propizio creatosi nelle strutture della Linea Maginot.

Francesco Mirra

CHE DICI?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *