Il canale di Suez: uno snodo commerciale specchio della nostra vulnerabilità

I lavori che hanno permesso la costruzione del canale di Suez risalgono ad un tempo assai
remoto. Basti pensare che questo fu inaugurato il 17 novembre 1869. Per renderci conto del periodo, la breccia di Porta Pia che portò all’annessione di Roma all’Italia risale a circa due anni dopo, nel 1871.

Due personalità furono alla testa del progetto: il francese Ferdinand de Lesseps, che realizzò in prima persona il canale (lo stesso partecipò alla realizzazione del canale di Panama) e l’italiano (con cittadinanza austriaca) Luigi Negrelli, ideatore dello stesso canale. In realtà, un’ipotesi abbastanza conclamata vorrebbe la creazione di un canale orizzontale, che collegava il Mar Rosso al Nilo, ideato già dalla dodicesima dinastia dei faraoni.

L’epoca delle scoperte geografiche, spinte dal bisogno di nuove rotte commerciali e dalla
concorrenza dei vari regni, repubbliche e principati, ha incentivato ancora di più la necessità di identificare vie più brevi per raggiungere le terre lontane. Venezia, in concorrenza coi Portoghesi che potevano proporre prezzi vantaggiosi per le spezie provenienti dall’Asia, propone al sultano di costruire il canale per mettere in collegamento i due mari. Il progetto, prima avallato dal sultano, si arenerà a causa di alcune guerre. Allora i Francesi, a partire dalla Rivoluzione e subito dopo con Napoleone, prevedono di costruire il canale, il che gli conferirebbe una sfera d’influenza importante nella regione. Tuttavia, i Britannici, infastiditi dal comportamento dei cugini d’oltremanica, cercarono di interrompere i lavori a più riprese. Alla fine, la spuntarono i Francesi e la costruzione fu affidati alla Compagnia universale del canale marittimo di Suez sotto il controllo dello stesso Ferdinand de Lesseps.

In totale, un milione e mezzo di Egiziani morì e si stima che circa un decimo di questi perì per cause ricollegabili soprattutto al colera che si diffuse tra i lavoratori. La proprietà del canale (e quindi gli introiti) furono suddivisi inegualmente tra Egiziani (44%) e Francesi (56%). L’inaugurazione, avvenuta nel 1869, due anni dopo il passaggio della prima imbarcazione, doveva essere celebrata con un’opera di Verdi, che però verrà presentata nel 1871 al teatro de Il Cairo. Nel 1875, l’Egitto è costretto a vendere, per questioni economiche, la sua parte al Regno Unito. Il controllo da parte britannica viene rafforzato nel 1882 con la guerra anglo-britannica che si concluse con l’occupazione inglese. Nel 1936, quando l’Egitto acquisì la “quasi-indipendenza”, fu deciso che i dieci mila soldati a protezione del canale restassero per difenderlo. I soldati divennero ben 64.000 nel 1951, quando l’Egitto decide di denunciare il compromesso. Qualche anno più tardi, Nasser decide di nazionalizzare il canale, denunciando di nuovo la presenza ingiustificata dell’esercito inglese in territorio egiziano.

La nazionalizzazione ha per conseguenza l’inalberamento di alcuni paesi (Francia, Gran Bretagna e Israele su tutti) che volevano la liberalizzazione del passaggio e la restituzione dello stesso agli azionari originali. L’attacco, della durata di una settimana, fu condannato dalle Nazioni Unite, che darà ragione all’Egitto. Nel 1967, Israele occupa coercitivamente il Sinai durante la cosiddetta Guerra dei sei giorni, il che comporta la chiusura del canale per lunghi otto anni, contribuendo a impoverire l’Egitto. La guerra di liberazione dell’Egitto, supportato dalla Siria, inizia nel 1973 (la famosa guerra del Kippur). Il canale diventa il teatro degli scontri. La guerra si protrae fino al 5 giugno 1975, quando il presidente Anouar el-Sadatge lo percorre da Port-Said a Ismailia. Il canale verrà raddoppiato nel 2015 per evitare la circolazione alternata, riducendo drasticamente i tempi di attesa.

EVER GIVERN –  Il 23 maggio 2021 si incaglia nel bel mezzo del canale la portacontainer Ever Given, una delle più grandi al mondo, liberata il 29 marzo, causando il crollo del 10% del commercio marittimo mondiale. Nonostante ciò, i profitti del canale per l’anno 2020-2021 sono i più alti di sempre (quasi 6 miliardi di dollari), sintomo anche di come la globalizzazione delle merci, accompagnato da altri fattori come la pandemia, risulti sempre più dipendente da queste infrastrutture.

L’esempio dell’Ever Given, un caso non di certo isolato al mondo, ci mostra come la nostra economia sia completamente dipendente dalle dinamiche globali. Infrastrutture gigantesche come il canale di Suez vengono messe al servizio di questa economia sfrenata. Qualsiasi minimo problema che le riguarda ci espone sempre più alla nostra vulnerabilità. Il caso dell’Ever Given ci mostra come i lunghi circuiti commerciali sono labili e totalmente sproporzionati rispetto al valore singolo della merce. Dovrebbero invece essere incentivati i circuiti corti che, oltre ad aumentare il potenziale economico locale, limitano (anche se non risolvono completamente) la vulnerabilità legata all’estrema dinamicità del commercio globalizzato.

Francesco Mirra

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