40 anni dal terremoto dell’Irpinia, i ricordi tra l’epicentro e l’omertà dell’Irpiniagate (FOTO)

Il ricordo del terremoto 1980 è ancora vivo da queste parti.

Per chi non lo sapesse a cavallo tra la zona di Santomenna, Calitri, Laviano ci fu il vero epicentro di uno dei terremoti più violenti dell’ultimo secolo.

“Uno dei pochi momenti in cui il paese si ferma a riflettere riunendosi in un unico abbraccio proprio come accadde quella notte, quando dopo la scossa in un punto del paese, verso il torrente che ci separa da Laviano, la terra squarciarsi. C’era il fuoco, un boato terribile, sentivo le persone urlare e improvvisamente ho visto con i miei occhi il paese andare giù, scomparve improvvisamente, dopo non restò che polvere, polvere ovunque e il cielo stranamente era limpido come mai così prima, c’era  la luna, sembrava illuminare il paese o quel poco che restava”, racconta una donna della zona.

Molti si rifugiarono sulla parte alta del paese mentre alcuni iniziarono a scavare sotto le macerie sperando di trovare dei superstiti. Una notte terribile, surreale.

La notte e nei giorni a venire il governo dimostrò di non essere preparato a un’emergenza simile. Il sud era sprofondato, i soccorsi non riuscivano ad addentrarsi, le strade erano state spazzate via e tutto o quasi fu affidato alla disperazione degli abitanti che iniziarono a scavare con le mani.

 

LA STORIA DIETRO LA STORIA – C’è un’altra storia che in un clima di omertà che a nessuno piace raccontare, quasi nel voler cancellare quello che accadde dopo.

Nei freddi mesi che vennero si iniziò a studiare un piano di recupero, il primo fu che con una legge fatta ad hoc, la famosa 219, che ha premiato la distruzione e la ricostruzione ex novo a discapito del recupero e del restauro [chi riparava la propria casa era penalizzato con una decurtazione del 20% sul contributo] fu praticamente annullato il patrimonio preesistente, la nostra storia. Questo diede il via al radere al suolo tutto quello che era possibile, alcuni paesi era complesso e dispendioso abbatterli perchè molti abitanti iniziarono a difendere le proprie case, quindi si decise di collocare interi paesi in altre zone, furono praticamente estirpati e trasferiti in un’altra sede spianata per l’occasione ove potevano costruire liberamente, per il “bene di tutti”.

Con l’articolo 21 della legge 219 si distribuiscono contributi a tanti grandi e  piccoli imprenditori. Bastava  semplicemente farne  domanda così da poter ottenere finanziamenti per la riparazione dei danni e spostare eventualmente l’azienda in altre zone [come il nord]. La lista con i nomi degli imprenditori che otterranno questi finanziamenti è coperta da un fitto riserbo, ci fu il boom insomma, ci furono nascite e invasione. Molti vennero dal nord ad “aiutarci” tra cui troviamo: la Ferrero, la Parmalat …

IRPINIAGATE – Nel finire degli anni ottanta la magistratura iniziò ad indagare su un’inchiesta che chiamarono l’Irpinigate, come sono stati spesi i circa 50 mila miliardi di lire?

I comuni colpiti furono circa 339 ma accedettero ai finanziamenti 687 comuni, addirittura un comune della Basilicata dichiarò nel 1987 di aver subito gravi danni dal terremoto dell’80, famosa è l’inchiesta dello stadio comunale di San Gregorio Magno costato più del San Paolo di Napoli. Zone rase al suolo per costruire fabbriche mai nate, sindaci che acquisivano ruoli importanti nella ricostruzione dei paesi, politici locali e nazionali per cui il terremoto dell’Irpinia fu una vera e propria benedizione!

Un’indagine americana condotta da un professore di sociologia dell’università di New York parla del 20% di denaro finito in tasca ai politici, un altro 20% ai tecnici della ricostruzione e il resto alla camorra e a imprese del nord e imprenditori locali. Mentre si iniziò a costruire molti giovani iniziarono ad andare via svuotando i paesi qui ormai non c’era più posto per i giovani.

Mi correggo qui non è rimasto nulla di giovane, neanche l’edilizia. Alcuni hanno danzato sui morti, ci sono lapidi a cui nessuno porterà un fiore perché intere famiglie non esistono più.

Per non dimenticare il terremoto dell’Irpinigate.

Laura Piserchia
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