Caso Giulio Regeni, il vaso di Pandora che imbarazzerebbe le grandi potenze del petrolio

Abdel Fattah al-Sisi, Presidente egiziano, ha ricevuto la Légion d’honneur dalle mani del Presidente francese Emmanuel Macron nel dicembre 2020.

Ecco, questa sarebbe la migliore immagine da cui partire. Ancora meglio, il negativo di questa immagine renderebbe il tutto più chiaro: in Francia tutti i maggiori giornali e telegiornali hanno volutamente evitato (quasi totalmente) l’evento mentre in Egitto tutti gli apparati vicini al Presidente celebravano la legittimazione della politica di al-Sisi proprio da parte del “Paese dei diritti dell’Uomo”. In realtà, le varie inchieste giornalistiche straniere hanno ben mostrato che al-Sisi non è stato accolto come il conciliatore delle religioni, ma per perpetrare il mercato delle armi e del petrolio, di cui l’Egitto è prospero e di cui l’Italia beneficia in larga parte grazie all’Eni.

Al-Sisi

Ricade in questo specchio di disumanità anche il caso Giulio Regeni, la cui vita, per il generale al-Sisi e i suoi sottoposti, non aveva valore, così come quelle delle decine di migliaia di persone arrestate con la “banale” accusa di essere oppositori del regime golpista, giornalisti liberi, gay, lesbiche, e tutti coloro che non ricadono nei supposti “codici etici” della società egiziana come per lo studente Patrick Zaki, ingiustamente trattenuto in carcere da circa un anno e mezzo. Dura e pura real politik fatta di armi, petrolio ed economia.

MA CHI ERA GIULIO REGENI? – Giulio l’abbiamo conosciuto probabilmente grazie ai manifesti e cartelloni esposti in alcune piazze italiane (ma non solo). Famosi quelli gialli di Amnesty International. Oppure grazie ai telegiornali che ne hanno coperto la notizia. Giulio era un ragazzo. Banale, ma vero. Un ragazzo e come tale aveva la sua vita, i suoi obiettivi, le sue aspirazioni, i suoi valori. Si trovava in Egitto un po’ per tutto questo. Giulio era una delle tante menti eccellenti che avevano lasciato il nostro Paese per studiare all’estero. Era uno studente in Development studies all’Università di Cambridge ed era in Egitto per la sua tesi di dottorato. Il 25 gennaio 2016, Giulio scompare.

Giulio Regeni

Non ci volle molto a capire che erano implicati i servizi segreti del presidente al-Sisi, abituati ad asfissiare la popolazione locale. In Egitto, chi governa la paura governa il paese. In questa sede però non voglio concentrarmi sulle vicende giudiziarie, sui rapporti tra le magistrature di Roma e del Cairo. La vicenda ancora non è chiusa soprattutto a causa della reticenza da parte egiziana. E’, per ora, molto più interessante concentrarsi sul domino geopolitico che ha investito Giulio, vittima “per errore” di un sistema malato, dove interessi di lobby e di armaioli, nonché di primi ministri, primeggiano sul rispetto della vita umana. E questa questione ci riguarda da molto vicino.

LA GEOPOLITICA DEL CASO REGENI – Le congetture ordite dai poliziotti e dal Mukhabarat (i servizi segreti egiziani) furono innumerevoli e contraddittorie: dall’incidente stradale all’omicidio per questioni sessuali. Balle su balle. Calunnia su calunnia. Ma allora perché ucciderlo? Oggi sappiamo che Giulio sarebbe stato inquadrato come spia, ipotesi supposta per dei contatti con Oxford Analytica (che non fa spionaggio!). Dopo un timido tentativo di rompere i rapporti con l’Egitto per sollecitarlo a collaborare, l’Italia passò oltre l’assassinio di un concittadino per questioni, ancora una volta, di real politik. Questa volta si trattava di un enorme giacimento di petrolio, quello di Zor, scoperto dall’Eni. Tuttavia, in Egitto l’Eni non è la sola compagnia petrolifera ad avere interessi, ma anche e soprattutto i Britannici della British Petroleum (oltre che i Francesi della Total), tagliati fuori dall’accordo italo-egiziano.

Ora gli attori tornano stranamente: l’Italia, paese d’origine di Giulio con interessi petroliferi in Egitto; l’Egitto, paese in cui Giulio svolgeva le sue ricerche sui sindacati indipendenti per il suo dottorato e in cui si trovano immensi giacimenti di petrolio e la Gran Bretagna, attore spesso (volutamente?) dimenticato di questa faccenda, paese in cui Giulio studiava e che ha forti interessi ad allungare la propria mano sui giacimenti, soprattutto su quello di Zor.

GLI INDIZI – Quelli che seguono sono puramente indizi, speculazioni, che non hanno (ancora) riscontro ufficiale negli atti delle diverse procure. Tuttavia risulta essere interessante fissare alcuni punti e sarà al lettore (oltre che alla magistratura) credere o meno alla linea che li unisce. La Gran Bretagna risultò probabilmente irritata dal rafforzamento dell’asse italo-egiziano per la scoperta del giacimento e il monopolio di Zor praticamente totale da parte di Roma. Sappiamo però che i servizi segreti britannici non sono rimasti a guardare ad hanno a più riprese cercato di interferire direttamente e indirettamente negli affari dell’Eni. Le pressioni della Gran Bretagna (legali o illegali?) obbligò di fatto l’Eni a cedere il 40% delle quote di Zor nel seguente modo: 10% alla stessa BP e 30% alla Rosneft russa (altro paese su cui si dovrebbe indagare: come mai una compagnia russa si trova il 30% delle estrazioni di petrolio senza aver fatto nulla?).

Ora, cosa c’entra un semplice dottorando in tutto questo? Non lo sappiamo per certo…ma risulta difficile non credere che la Gran Bretagna non avesse in mente di deteriorare l’asse Roma – Cairo per profittare dei vantaggi dell’Eni. Come fare? Magari con la soffiata anonima, tramite terzi, della presenza al Cairo di una spia. Tutto mostra chiaramente che il Mukhabarat stesse monitorando Giulio da lungo tempo per poi trarlo in arresto e, al rifiuto di ammissione, torturalo, ucciderlo e, per quelli che sembrano disaccordi interni, abbandonare il corpo di Giulio lungo la strada invece di seppellirlo nel deserto (come “tradizione” vuole).

Curiosa anche la posizione della tutor di Giulio a Cambridge Maha Abdel Rahman, che ha mostrato poca collaborazione con le autorità italiane. Tuttavia, sarebbe interessante conoscere anche l’opinione di Mosca, visto che la Rosneft ha avuto dei bei vantaggi. I rapporti tra al-Sisi e Putin (e i rispettivi servizi segreti) sono molto buoni. E se la soffiata fosse arrivata proprio da Mosca? Speculazioni probabilmente, inutili supposizioni. La verità non verrà probabilmente mai a galla, se non fra qualche decennio quando dei documenti verranno desegretati. I governi cadranno, gli equilibri di potere crolleranno, la giustizia andrà in prescrizione, ma il dolore per la perdita di Giulio non può essere rimarginato. Colpa di un sistema, compreso quello italiano, accecato dalla corsa alle ultime gocce di oro nero e di una disumanizzazione ormai totale dei giochi politici.

Per la realizzazione di questo articolo una parte considerevole è stata tratta dal video di Nova lectio del 22 dicembre 2020 disponibile al link seguente: Cosa si nasconde DAVVERO dietro al caso Giulio Regeni? – YouTube

Francesco Mirra

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