L’olio di CBD diventa un farmaco, il mondo della cannabis insorge

Torniamo a parlare di cannabis e di cbd. In un nostro recente articolo, abbiamo portato alla luce le intenzioni dell’UE di inserire anche il cbd tra le “sostanze droganti”, per agevolare la produzione e la commercializzazione di farmaci a base di cannabidiolo.

Il PROVVEDIMENTO – Venerdì 16 Ottobre, il Ministro Speranza ha firmato un decreto che inserisce, le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis”, nella “tabella degli stupefacenti”.

Dal 30 Ottobre, infatti, la commercializzazione di prodotti a base di olio di cbd, sarà esclusivamente nelle mani di farmacie e parafarmacie.

Attivisti, coltivatori e imprenditori di settore, hanno gridato comprensibilmente allo scandalo. Questi ultimi ancora più motivati dalla paura di perdere tutto quello su cui hanno investito.

Parliamo di un mercato che genera un indotto di 150 milioni di euro, conta 15mila operatori del settore, di cui l’80% ha meno di 30 anni.

Per non parlare del boom di vendite di cannabis light, dopo la quarantena forzata dal lockdown, causa Covid-19.

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LA DECISIONE – Nella premessa del decreto si fa riferimento all’intenzione dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) di commercializzazione di un medicinale, in soluzione orale, contenente cannabidiolo, che avrebbe già ricevuto l’autorizzazione in commercio da parte dell’EMA (Agenzia Europea del farmaco).

Il farmaco in questione potrebbe essere l’Epidiolex, approvato nel resto del mondo lo scorso anno, che tratterà, anche al livello pediatrico, i disturbi legati all’epilessia.

Ma da cosa è composto principalmente? Oltre all’estrazione oleosa di cannabis, contenente 10% di CBD, anche estratto di fragola e sucralosio, dolcificante sintetico 600 volte più potente del saccarosio.

Sarà per caso lo zucchero ad essere una delle droghe più potenti al mondo?

Vi lasciamo con questa provocazione, ritenendo però che questo decreto non dovrebbe meravigliare attivisti e addetti ai lavori, considerate le intenzioni, più volte palesate, di Istituzioni e organi della Sanità.

In una paese in cui la cannabis è soggetta a regolamentazione, l’inserimento di tali sostanze nelle tabelle di indicazione medico/farmaceutica, ne sarebbe solo la naturale prosecuzione.

Il problema reale, nel nostro Bel Paese, è la totale assenza di una normativa chiara, che dia accesso libero e consapevole alla sostanza.

L’intenzione, invece, è di rendere disponibile la cannabis esclusivamente attraverso la sua totale medicalizzazione, rendendo di fatto negato ai malati l’autoproduzione della propria medicina, ove non si richiedesse di un supporto medico (con la cannabis, circa il 90% dei casi, ndr).

Nel frattempo, in Canada, ci sono 35mila pazienti autorizzati all’autoproduzione della propria cannabis terapeutica o, se impossibilitati, a nominare qualcuno che lo faccia per loro.

E in Italia, per lo stesso motivo, vengono indagati tanti malati. Vedi il caso di Walter De Benedetto, che abbiamo trattato nell’ultimo articolo della rubrica “Disubbidire per Vivere”, costretto a fare un ennesimo appello, questa volta direttamente al Presidente Mattarella. (QUI l’articolo del Fattoquotidiano.it).

Trovate voi le differenze.

Carmine Buccella

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