Piana del Sele, parla lo storico Abbinente: “Bisogna puntare sulla flora locale, non basta la rucola”

L’agricoltura della Piana del Sele deve puntare su nuovi prototipi vegetali, parola del professor Francesco Paolo Abbinente, lo storico più importante della città di Eboli e una della maggiori memorie storiche della Valle del Sele.

Il professore ha deciso di ‘regalare’ un consiglio ai candidati sindaco che si affronteranno nell’imminente tornata elettorale, consigliando di dover investire nel green perchè continuare a parlare solo di rucola della piana del Sele, alla lunga, diventa riduttivo.

“Innanzitutto bisognerebbe istituire un Erbario Generale della flora locale, uno strumento tecnico-scientifico atto ad individuare le specie spontanee del territorio in modo da poterle introdurre in dei vivai per studiarle, selezionarle e farle moltiplicare nel loro habitat spontaneo, che siano praterie, sottobosco, stagni o paludi, formando un testo ufficiale che possa essere utile a tutti i vivaisti e gli imprenditori agricoli”, spiega il professor Abbinente.

Prof. Francesco Paolo Abbinente, esperto di storia locale

A questo, secondo l’Abbinente pensiero, bisogna affiancare delle strutture adatte e idonee a questo tipo di lavoro, modernizzando quelle presente e trasformandole nel modello “Push Botton Farming”

“Attualmente esistono circa 250 essenza diverse sul nostro territorio, tra acquatiche e terrestri, con alcuni benemeriti operatori locali che hanno tratto in coltura specializzata la comune orticola aromatica dei nostri luoghi incolti, denominata Rucola. Ma – sostiene lo storico ebolitano -, il risultato attuale non può essere unico e definitivo, si deve avanzare perchè puntando su una molteplicità di colture possiamo avere maggiori risultati merceologici, commerciali e alimentari con la dovuta nomenclatura della nuova flora. E’ un consiglio che do ai futuri sindaci del territorio, se volete potete farlo come hanno fatto in tanti comuni d’Italia”

L’argomento meriterebbe una discussione nelle sedi opportune, dato che si tratta di una branca che potrebbe dare nuove opportunità di lavoro in campo agricolo, con un carico di manodopera per ogni ettaro di coltura e redditi derivati, anche sul piano della trasformazione industriale.

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