Ecco perchè la questione kurda ci riguarda [3/4] – La questione femminile e la sua applicazione nel Rojava

Eccoci con la terza parte del nostro approfondimento sulla questione kurda (clicca QUI per leggere la seconda).  Oppure QUI per leggere la prima.

La questione femminile è al centro della teoria dell’ecologia sociale di Bookchin. Secondo il filosofo americano, la società patriarcale in cui viviamo affonda le proprie radici in tempi antichissimi, e più precisamente al Neolitico.

Prima della società attuale, l’Uomo sarebbe vissuto in uno sistema matricentrico (ma non matriarcale) in cui il centro stesso della società era nell’intimità del focolare domestico. La casa aveva quindi un simbolismo sociale molto forte. L’usufrutto dei beni (la condivisione collettiva della loro proprietà) era la sola regola che stabiliva gli equilibri della società. Quando la sfera privata e quella pubblica si sono separati e la donna è stata esclusa dalla seconda, la società ha iniziato a stratificarsi, dando potere ai soli uomini.

Secondo Bookchin, questo passaggio sarebbe stato determinato da due fenomeni strettamente consequenziali: la nascita dello Stato e delle prime forme di capitalismo.

Abdullah Öcalan, leader dei Kurdi, ha ripreso questa visione tanto da considerare il sessismo la “colonna portante dello Stato”. Risulta quindi indispensabile svuotare lo Stato di ogni suo potere decisionale se si vuole davvero ritrovare l’equilibrio naturale tra uomo e donna. La fine dello Stato e la riproposizione della democrazia diretta comporterebbe la fine del capitalismo e quindi della mercificazione e dell’oggettivazione della donna. La liberazione della donna si tradurrebbe ugualmente nella liberazione della società e quindi dell’uomo stesso dai suoi atteggiamenti patriarcali. Il maschilismo non risiederebbe nell’uomo in quanto individuo maschile, ma principalmente nei tratti sociali, che inebrierebbero individui e entità collettive.

Öcalan ha quindi cercato di mettere in piedi, assieme alle donne del PKK, il Partito dei Lavoratori Kurdi in Turchia e del PYD, il principale partito kurdo nel Rojava siriano, un sistema in cui la donna ritrovi, naturalmente, il proprio ruolo centrale nella società e che quest’ultima riacquisisca i suoi primordiali tratti matricentrici.

Oltre alla “solita” questione delle quote rosa che in Siria si traduce nella Joint Leadership, ovvero nella co-presidenza di entrambi i sessi nelle funzioni più importanti (per quanto riguarda i sindaci o i quattro livelli dell’MGRK e della DAA, che ha portato ad esempio all’elezione di una donna kurda alla guida di Racca, l’ex capitale dell’ISIS in Siria), si tratta di una vera e propria rivoluzione mentale. Le donne hanno propri consigli in cui si riuniscono per discutere ed aiutarsi a vicenda e cercare di arginare gli atti sessisti. Questi consigli hanno anche il ruolo di “educare” gli uomini, che devono ascoltare i problemi delle donne e, se possibile, proporre soluzioni.

L’opera educativa ritrova quindi un ruolo fondamentale nella teoria di Öcalan, padre teorico della Gineologia, la “scienza delle donne” che deve cercare di approfondire queste problematiche nelle università del Rojava.

Non sembra quindi un caso che le donne Kurde siano passate alla ribalta delle cronache internazionali quando hanno combattuto contro i miliziani neri di Daesh tra le fila delle YPJ. Tuttavia, molti sostenitori della teoria di Öcalan mettono in guardia l’Occidente: guai a identificare, come fatto dai media occidentali, le donne kurde ai “nostri” valori. Loro fanno di tutto per essere libere in un territorio in guerra caratterizzato spesso da tratti tribali ed estremismo religioso. Per il momento noi non possiamo che limitarci ad esaltarle.

Per una migliore comprensione della questione delle donne kurde nel Rojava abbiamo chiamato in causa Massimiliano Voza, ebolitano doc, partito più volte in direzione Rojava e per questo fermato dalla polizia turca all’aeroporto di Istanbul e quindi espulso dal Paese. Ex sindaco del comune di Santomenna, è stato il primo amministratore europeo a concedere la cittadinanza onoraria ad Abdullah Öcalan.

  • L’importanza del ruolo della donna in Kurdistan, apparentemente tralasciato e negato in Occidente, è effettivamente riscontrabile in Kurdistan?

Sì. Ho riscontrato che in tutte le posizioni di direzione delle organizzazioni sociali e partitiche corrisponde sempre un co-presidente uomo e una co-presidentessa donna. Anche nell’organizzazione amministrativa c’è un co-presidente uomo e donna; in Rojava tale consuetudine fa parte dell’impianto legislativo. In Bakure (nel sud-est della Turchia) vengono eletti dai consigli comunali (ovviamente a maggioranza kurda, essendo la regione del sud-est turco abitata principalmente dai Kurdi) in maniera egualitaria, sindaci uomini o sindache donne. Dopo di che, a questi si affianca la figura del co-sindaco uomo o donna, che ha un valore simbolico politico rilevante nella comunità kurda, pur non essendo prevista nell’ordinamento turco degli enti locali. Anche nelle famiglie, seppure sia evidente che la società è ancora basata su dinamiche antropologiche e sociali conservatrici, gli uomini delle famiglie tendono a mitigare la loro centralità o comunque a velarne gli effetti agli ospiti occidentali. Tendono sempre a marcare la differenza con le strutture societarie più islamico-centriche, definendole come irriguardose per la dignità e la libertà della donna. Segno che il messaggio di Öcalan, teso ad abbattere la struttura tribale di quella zona del Medio Oriente che soffoca l’organizzazione democratica della società, se non è già introiettata completamente nella vita quotidiana della comunità kurda, è però a tutti gli effetti patrimonio teorico-politico della stessa comunità”

Francesco Mirra

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